lunedì 24 giugno 2019

Cacalèstë


   

Cacalèste ‘chi parla subito imprudentemente’[1]  è voce abruzzese apparentemente composta dalla radice del verbo cac-àre usato anche in italiano e dall’avverbio-aggett. lèstë ‘lèsto’, aiellese léstë con la prima /é / acuta.  Non c’è linguista, credo, famoso e no, che non sottoscriva il significato etimologico sopra indicato.  Una parola, dunque, che potrebbe essere stata generata l’altro ieri secondo loro, visto che in dialetto il verbo cac significa anche ‘rivelare cose nascoste’ , ad esempio alla polizia, magari non appena si è stati da essa fermati. “E’ cacatë tuttë“ ‘Ha rivelato tutto per filo e per segno’ o ‘Ha cantato’, usando un’ altra espressione.  Fine del problema? Ma nemmeno per sogno!

  Non ci si può accontentare di ciò se solo si riflette che esistono verbi abruzzesi (e non solo) quali cacalïà, cachëlëjà, cachilïà ‘lo schiamazzare della gallina che ha fatto l’uovo’ e cacàjjë ‘balbuziente’ per cominciare a pensare che l’abr. caca-lèstë dovrebbe essere messo in rapporto, anche per la legge dell’economia linguistica, con una forma originaria *cacal-èstë il cui suffisso, presente già in latino e greco (lat. ista, gr. istēs) indica in genere l’agente o la persona che segue una certa Scuola o teoria o ha certe abitudini. Futur-ista, animal-ista, opportun-ista. Ora seguendo il significato già specializzato dei suddetti verbi abruzzesi dovremmo spiegare cacal-èstë come ‘schiamazzatore, schiamazzante’ e simili, ma il significato originario della radice era quasi sicuramente più generico, quello di ‘emettere un suono’ e quindi ‘parlare, rivelare’. Così il cacal-èstë non è altro che un ‘parlante, parlatore, rivelatore’ come volevasi dimostrare.

   I linguisti, beati loro, si cavano subito d’impaccio, supponendo per la radice cacal- una origine onomatopeica, imitativa (cf. fr. cacaill-er ’tartagliare’ , ingl. cackle ‘schiamazzo, coccodè ridacchiamento’, lat. cach-inn-um ‘risata’, ecc.), non ponendosi nemmeno il problema che la lingua, secondo me e altri studiosi più preparati di me , come Konrad Lorenz, ha un’origine concettuale. Forte di questa convinzione dirò di più: se la voce cacal-èstë si incrocia con il verbo cac ‘evacuare’, non è per caso ma perché il significato di fondo delle due radici cacal- ‘parlare, schiamazzare’ e cak- ‘evacuare’ era uguale in ambedue: ‘espellere, cacciar fuori, esprimere’, il quale ultimo vale, come è evidente, ‘cacciare fuori premendo’. Allora si comprende benissimo che l’espressione dialettale di cui sopra (E’ cacàtë tuttë ‘ha cantato’) non può essere intesa come metaforica sin dalla sua origine: lo è diventata quando si è incrociata col verbo dialettale cac-à il quale era metaforico anch’esso rispetto ad significato originario di ‘cacciare fuori’. Allora nella Lingua  tutto è metafora di alcunchè o nulla lo è! Inoltre, in questo modo, si risolvono con una certa facilità espressioni come quella del dialetto di Apricena-Fg che suona caca-mentë ‘seccatura’, la quale si configura in genere come una pressione fisica o psichica non gradita esercitata nei  confronti di qualcuno. Trovo una corrispondenza nell'inglese del Midland hack che significa 'disturbare, importunare imbarazzare'. Anche l’uso gergale giovanile di cacare, nel senso di interessarsi di qualcuno, usato spesso nella forma negativa (non ti caca più quella tizia) può essere comodamente inteso come espressione di una premura usata nei confronti di qualcuno. Quasi tutto diventa comprensibile e spiegabile, quando il significato di un termine allarga le sue grandi ali man mano che si avvicina alle sue origini.

   Ordunque, se i linguisti non riescono ad abbandonare gli strati superficiali delle parole o quelli prossimi ad essi, rimarranno sempre inesorabilmente impigliati in un visione  fortemente dispersiva e superficiale della lingua, fatta di un numero enorme di concetti diversi, e non potranno mai toccare con mano il fondo solido ed unitario della somiglianza profonda di tutti i concetti, perché derivanti dall’unico concetto di anima, essere, vita ecc.  E’ il fondo che sta alla base di ogni lingua, come Chomsky, Lorenz ed altri hanno già capito.  Naturalmente questi studiosi sanno che esiste un fondo comune, di cui però non sono arrivati a delineare tutte le caratteristiche empiriche, mi pare, soprattutto per ciò che concerne il significato.

 
    



[1] Cfr. D. Bielli, Vocabolario abruzzese, A. Polla editore, Cerchio-Aq, 2004.

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