Ripubblico questo articoletto perchè vi ho aggiunto l'espressione inglese break a leg 'in bocca al lupo!' e perchè i linguisti sembrano fare orecchie da mercante, o sono giustamente convinti di quello che pensano, visto che non riescono nemmeno a spiegare l'espressione inglese fat chance 'scarsa probabilità' (letter. ' grassa possibilità') se non attraverso il sarcasmo, come fa Steven Pinker nell'Istinto del linguaggio (A. Mondadori Editore, Milano, 1997, p. 380). Io ne ho data una spiegazione molto naturale, non ricordo in quale articolo del mio blog, mettendo in relazione l'agg. ingl. fat 'grasso' (danese fedt 'grasso') col verbo danese fedte , che significa 'lesinare' e che quindi doveva indicare una probabilità lesinata, ridotta, scarsa.
Il diffusissimo augurio In bocca al lupo! crepi! proveniente dal mondo dei cacciatori credo che debba essere spiegato diversamente da come normalmente avviene, anche se esso sembra adattarsi bene ad indicare una situazione di estrema difficoltà da cui il cacciatore saprà cavarsi, come è espresso dal perentorio “crepi!” il quale, però, suona un po’ vago perché non ci dice in conseguenza di che cosa (una fucilata?) il lupo debba crepare. Se si suppone che il detto abbia un’origine ben antecedente all’epoca dell’invenzione della polvere da sparo, come è molto verosimile, allora bisognerebbe pensare più che a una fucilata ad una frecciata o qualche altro termine che rispecchi le modalità di caccia di epoche remote, anche preistoriche.
Il diffusissimo augurio In bocca al lupo! crepi! proveniente dal mondo dei cacciatori credo che debba essere spiegato diversamente da come normalmente avviene, anche se esso sembra adattarsi bene ad indicare una situazione di estrema difficoltà da cui il cacciatore saprà cavarsi, come è espresso dal perentorio “crepi!” il quale, però, suona un po’ vago perché non ci dice in conseguenza di che cosa (una fucilata?) il lupo debba crepare. Se si suppone che il detto abbia un’origine ben antecedente all’epoca dell’invenzione della polvere da sparo, come è molto verosimile, allora bisognerebbe pensare più che a una fucilata ad una frecciata o qualche altro termine che rispecchi le modalità di caccia di epoche remote, anche preistoriche.
In effetti io penserei ai lacci con cui si catturavano uccelli e altri animali, sistemati in posti dove essi erano soliti trovarsi o passare. L’espressione simile (oggi poco usata) andare in bocca al lupo, trova infatti un esatto corrispondente nel francese donner dans le panneau (dare nel laccio). Ma la bocca del lupo che cosa starebbe lì a rappresentare? Secondo me essa, in tempi lontanissimi, stava ad indicare proprio il nodo scorsoio formato dal laccio usato dal cacciatore, se è vero che in italiano esiste ancora il termine marinaresco bocca di lupo ‘tipo di nodo scorsoio’. In tutte queste espressioni il lupo non sarebbe altro che il paravento di un termine antichissimo per ‘nodo scorsoio, cappio’ apparentato con l’ingl. loop ‘cappio’. Allora acqisterebbe tutto il suo luminoso valore il “crepi!” in questione riferito al laccio che il cacciatore si augura che 'si spezzi', uno dei significati del lat. crepare. Il laccio inoltre poteva essere formato di strisce di pelle, di spaghi più o meno consistenti e, nella notte dei tempi, di materiale vegetale come steli di grano, ramoscelli flessibili, ecc.
Magari nella notte dei tempi, prima che l'espressione acquisisse la stringatezza attuale, qualcuno poteva avvertire il cacciatore di non andare a finire in bocca al lupo nel senso suddetto di non rimanere intrappolato, al posto della selvaggina, in qualche insidia tesa da altro cacciatore. In questo caso il cacciatore si augura che il laccio si spezzi, come tante volte sarà successo anche per l selvaggina che riusciva così a filarsela via.
A mio parere non si tratta di frasi così dette antifrastiche che indicherebbero il contrario di quello che affermano ma espressioni che provengono da strati linguistici preistorici e che pertanto vanno soggette, attraverso incroci di termini, a tali stravolgimenti di significati, i quali ci costringono a escogitare la soluzione antifrastica.
Magari nella notte dei tempi, prima che l'espressione acquisisse la stringatezza attuale, qualcuno poteva avvertire il cacciatore di non andare a finire in bocca al lupo nel senso suddetto di non rimanere intrappolato, al posto della selvaggina, in qualche insidia tesa da altro cacciatore. In questo caso il cacciatore si augura che il laccio si spezzi, come tante volte sarà successo anche per l selvaggina che riusciva così a filarsela via.
A mio parere non si tratta di frasi così dette antifrastiche che indicherebbero il contrario di quello che affermano ma espressioni che provengono da strati linguistici preistorici e che pertanto vanno soggette, attraverso incroci di termini, a tali stravolgimenti di significati, i quali ci costringono a escogitare la soluzione antifrastica.
E’ possibile che anche l'ingl. break
a leg 'rompiti una gamba' inizialmente facesse riferimento ad un cappio, un legaccio espresso
con un sostantivo della famiglia di lat. liga-men 'legame,
benda, fascia'. Infatti nel basso medio tedesco si incontra lik 'benda,
legame', nel medio alto tedesco ge-leich vale
'giuntura, arto, membro' : allora era fatale che una radice del genere si
confondesse con quella dell'ing. leg 'gamba', modificando così
l'originario significato dell'espressione che doveva essere 'rompi, spezza il cappio' in quello di
'spezzati una gamba'. In inglese pare che l’espressione fosse in uso nell’ambito
degli attori teatrali, ma essa era probabilmente antichissima. La forza della
tradizione è tale che una frase continua ad essere usata in una formula
cristallizzata, anche se per caso strada facendo il significato letterale
dovesse cambiare direzione e se per un lunghissimo periodo ha dovuto
vivacchiare all’ombra di qualche oscuro dialetto.
A pensarci
bene break
a leg potrebbe aver avuto
all’inizio anche il significato di ‘spezzare un nastro’, operazione che con la
dicitura “tagliare il nastro”, è tuttora in uso ogni qual volta si deve
procedere ad una inaugurazione o in occasione di qualche avvenimento importante
o particolare. L’espressione, quindi, aveva un valore augurale diretto, senza
il ricorso all’antifrasi che tanto piace ai linguisti.
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