giovedì 6 giugno 2019

L’importanza della pronuncia, a volte risolutiva, di parole dialettali.




Ad Aielli il ragno è chiamato ranghë.  Questa voce non trova riscontro, che io sappia, nelle altre parlate locali che si sono allineate più o meno con l’it. ragno, il quale proviene dal lat. arane-u(m) con la caduta della vocale /a/ iniziale e la palatalizzazione della consonante /n/.  E allora come si spiega la pronuncia gutturale dell’aiellese ranghë? In greco la parola suonava arákhnē, voce che spiega benissimo quella aiellese, la quale ha attuato solo una normale metatesi nel nesso consonantico –khn- diventato così –nkh-  ed è l’esito della trafila aránkhē > ránkhē > ránghë. La radice è del resto ben evidente nel verbo aiellese-abruzzese arrancà ‘arrampicarsi’ come fa appunto il ragno. Questo arrancà  però pare non debba essere confuso con l’it. arranc-are ‘procedere claudicando, con affanno’ per il quale si pensa ad una radice germanica, ma io credo che non sia detta l’ultima, perché l’azione di arrampicarsi può rendere bene anche l’idea del procedere affannosamente.

  Ora il problema è un altro, però. Noi siamo portati a credere che vuoi il latino arane-u(m) (che anticamente doveva avere una forma *aracne-um) vuoi le altre forme dialettali derivino dal suddetto termine greco.  Io non lo credo. Anni fa ho scritto diversi articoli riguardanti le parole di origine greca ad Aielli e nella Marsica, nei quali sono arrivato alla conclusione che quelle parole erano presenti da noi da tempo immemorabile.  Le tribù indoeuropee che avrebbero dato origine al greco e quelle che avrebbero generato le lingue italiche, vivevano mescolate insieme e avrebbero portato con sé parole che poi sarebbero sembrate di derivazione greca, ma erano di origine indoeuropea sia per i Greci che per gli Italici. Non è sostenibile che parole riguardanti la quotidianità più elementare siano state mutuate dal greco come succede per i termini relativi ad oggetti commerciali o idee culturali.     



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