martedì 4 giugno 2019

Le "scòcchele" o mandorle piuttosto grosse e panciute.




Ogni tanto qualche voce arcaica o particolare del mio dialetto aiellese mi spinge a ricercarne l’origine ignota. A dire il vero il termine scòcchëla indicava, al plurale, anche i testicoli e quindi il suo valore di fondo, come ormai abbiamo imparato, doveva essere alla fin fine molto generico.  La questione si complica un po’ perché il verbo scucchëlà che pare ad esso imparentato, significa ‘togliere il mallo, smallare’  riferito alle mandorle e non alle noci, con una /s/ iniziale che sembrerebbe avere valore sottrattivo, come nell’it. spellare ‘togliere la pelle’, it. sbucciare ‘togliere la buccia’.  Ma se così fosse, come potremmo spiegare il suo valore di mandorla e soprattutto di testicolo?  Dovremo necessariamente pensare a due radici diverse, una per il verbo è l’altra peril sostantivo  mandorla.    

   In effetti nel dialetto abruzzese cόcchië vale , tra l’altro, ‘crosta del pane, corteccia del cacio, guscio di noce, mandorla, uovo e simile’ [1] e così si piega perfettamente il verbo scucchëlà  ‘smallare’ di cui sopra, dovendosi supporre una forma *cόchëlë o *cόculë  da cui derivare l’abr. cόcchië.  In abruzzese esiste anche la forma scucchià ’sgusciare, cavare dal guscio’ che chiaramente è un derivato dalla forma attestata dall’aiellese schucchëlà  con la caduta della vocale evanescente /ë/ e la palatalizzazione della liquida /l/, fenomeni normali nei nostri dialetti.  Esiste , sempre  in abruzzese, anche  la voce còchëlë ‘boccia per giocare, ciottolo’ che, a mio parere, attraverso il concetto di ‘’avvolgimento, rotondità’’ è da collegare alla radice dei precedenti nomi per ‘guscio’.

    Resta da spiegare scòcchëla ‘grossa mandorla’ e al pl. scòcchëlë ‘testicoli’.  Le vie di uscita sono due: o si presume che da un originario *cò(c)chëla (radice diffusa in tutti i dialetti) per ‘rotondità, ciottolo, ecc.’ si sia passati a scò(c)hëla con la /s/ iniziale per influsso del verbo scucchëlà ‘sgusciare le mandorle’ o bisogna supporre una radice autonoma già con la /s/ iniziale. Io ho trovato solo l’it. scocca termine tecnico dal significato un po’ complesso ma che inizialmente indicava la ‘cassa’ della carrozza. Quindi, nel fondo, un concetto di  cavità  o rotondità, non importa quale forma effettiva questa rotondità avesse.  A me  pare che la radice possa avere a che fare col termine inglese shuck ‘guscio, baccello, conchiglia’ da un precedente *skuck come ingl. shell ‘guscio, conchiglia’ viene da ant. ted. scala ‘guscio, baccello,ecc.’: cfr. l’it. scaglia che viene dal gotico skalja ‘baccello’ .   La scòcch-ëla aiellese, sia in quanto mandorla, sia in quanto ‘testicolo’ conterrebbe questa radice, che io preferisco in quanto lectio difficilior , diciamo così. L'olandese  schak-el ‘anello di una catena’ ne è a mio parere una variante, in quanto rotondità. Cfr. anche ingl. shack 'tugurio, capanna', in quanto cavità.

   Una curiosità: in inglese il composto corn-shuck significa ‘cartoccio (della pannocchia)’, come se tutto fosse regolare e preciso, giacchè corn significa ‘grano’ in inglese e ‘granturco’ in americano.  Sennonchè io vado insistendo da sempre, praticamente, che questi composti in realtà erano all’inizio tautologici.  Infatti sappiamo, dopo l’analisi di diverse filastrocche sulla lumaca, che la voce corno, corna in quelle cantilene valeva spesso ‘cavità’, quella del guscio dell'animaletto. Anche qui il  corn- doveva valere ‘cavità, rivestimento’ ed indicare le brattee del mais.

    Sinonimo di corn-shuck  ‘cartoccio (della pannocchia)’ è corn-husk ‘cartoccio (della pannocchia)  L’ingl. husk ‘buccia, guscio’ è considerato di origine sconosciuta, ma dubitativamente avvicinato al medio olandese huus-kyn ‘casetta, nocciolo di un frutto, cassetta, custodia, astuccio’ diminutivo di huus ‘casa’.  A me pare invece l’etimo giusto che richiama anche l’aiellese còscëna recipiente (in genere di faggio) della capacità di una cesta’.  In abruzzese cùscënë significa ‘forma conica di giunchi, per la ricotta’.  Siamo sempre nell’ambito del concetto di cavità, recipiente.  Ma per le forme abruzzesi bisogna tener presenti anche il serbo-croato koš, koša ‘cesta’.  La sorpresa può essere sempre dietro l’angolo. Ma probabilmente in questo caso si tratta sempre di una stessa radice, con forme alquanto diverse. Da notare anche lo sp. casco 'casco, cuffia, scafo' e sp. càsc-ara 'buccia, guscio'.   





[1] Cfr. D. Bielli, Vocabolario abruzzese, A. Polla editore, Cerchio-Aq. 2004.

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