martedì 7 luglio 2020

Abruzzese caccavànne.


            

    Sapete cosa significa cacca-vànne secondo il Vocabolario abruzzese di Domenico Bielli? E' un aggettivo che accompagna il termine dialettale  όvë ‘uovo’, usato per indicarne uno 'andato a male nella covatura': insomma un uovo da cui non è uscito un pulcino. Ebbene, quale potrebbe essere la sua origine? E' semplice: mettiamo insieme il gr. kak-όs 'cattivo, inutile, ecc.', di cui abbiamo parlato abbondantemente in altri post, e il lat. van-u(m) 'vano, vuoto, inutile, ecc.' e il gioco è fatto. Ma perchè altri, anche più acculturati di me, credo che non l’abbiano capito? E' altrettanto semplice: nessuno, che io sappia, ha mai parlato abbastanza di composti tautologici, con lo stesso significato nei due membri. Di conseguenza, dinanzi a questi composti solitamente si cerca un significato passabile che si accordi con quello indiscutibile di cac-are 'andare di corpo' e simili. In questo modo non si poteva, a mio avviso, concludere granché, e così è stato. Questo composto cacca-vànne ci dice anche un'altra cosa importante: l'unione dei due membri probabilmente non è avvenuta quando, ipoteticamente e casualmente, il termine greco si è incontrato con quello latino, ma semplicemente perchè essi erano a portata di mano di chi si trovò ad esprimere quel concetto . La tautologia è una risorsa importante nella formazione delle parole e delle lingue, che altrimenti avrebbero dovuto accontentarsi di soli termini monosillabici, insufficienti per una completa descrizione della realtà fisica e psichica. Ma questo è un discorso che meriterebbe di essere approfondito. Credo di aver capito perchè si è verificato il raddoppiamento della /c/ in cacca e della /n/ in vanne. Sempre in abruzzese vannine significa puledro, sicchè tutta l'espressione poteva assumere il significato superficiale di 'cacca di puledro' che risponde poco alla realtà dell'uovo non schiuso nella covatura, ma dà comunque un valore spregiativo al termine. Oppure –vannë è uno dei numerosi raddoppiamenti postonici come scérre ‘usciere’.
 
   Leggo, sempre sul Bielli, l'aggettivo caca-sìcche 'cacastecchi, magruzzo, scheletrico, secco stecchito'. L'aggettivo, dunque, indica chi è veramente magro, secco ma non mi convince la spiegazione che credo se ne dia: esso indicherebbe uno che mangia talmente poco che, di conseguenza, caca secco. Questa spiegazione non regge, per il semplice motivo che si può 'cacare secco' per altri motivi, perchè si è stitici, ad esempio, non perchè non si mangia granchè. Quando si è convinti di questo, si è costretti di conseguenza a guardarsi intorno cercando in altre lingue, per vedere se si possa uscire dall'impasse. Ed ecco venirci incontro il gr. sikkh-òs 'delicato, che non può mangiare tutto, che ha disgusto, nausea (per il cibo)' incrociatosi con l'it. secco (magro). Allora il più è fatto, in quanto il primo membro, che è dal gr. kak-όs indica tutto ciò che è negativo, e in s-cac-azz-ìttë, ad esempio, ha assunto il significato di ‘piccolo e sparuto’[1] Per me anche l'ingl. sick 'malato, nauseato, disgustato' rientra in questo concetto. il verbo to sick 'vomitare' indica la stessa cosa di ingl. keck 'vomitare', di ingl.dial. cack 'vomitare' per cui un composto caca-secco avrebbe potuto benissimo significare anche 'disgustato, nauseato. In alcuni dialetti del meridione, però, caca-sicche significa 'tirchio, tirato'. Io credo che questo significato sia derivato da quello precedente di 'magro, stecchito' giacchè dall'idea di "magro, scarso " deriva anche quella di "parsimonioso" dalla quale, in senso dispregiativo, può svilupparsi l'idea di “tirato, stretto, tirchio”. Pertanto anche l’it. caca-stecchi  nel significato di ‘avaro, spilorcio’ potrebbe essere un’evoluzione da significato iniziale di ‘magro, stecchito’. 




[1] Cfr. D. Bielli, Vocabolario abruzzese, A. Polla editore, Cerchio-Aq, 2004.

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