A proposito del suffisso di abr. cëtër-όnë ‘cocomero’ non scommetterei nemmeno
mezzo dollaro bucato che si tratti, originariamente, dell’accrescitivo della
radice cetr-, citr- di cui ho
parlato. Si tratta, invece, dello stesso
suffisso di lat. mel-on-e(m) ‘melone’, lat. pep-on-e(m) ‘melone, popone’, gr. mēlo-pép-ōn ‘popone’ e, soprattutto, di gr. siky-ṓnē ‘zucca’, gr. siky-ōnía ‘zucca’ il cui primo membro richiama
gr. síky-os ‘cetriolo, cocomero’, gr. siký-a ‘melone’ e ‘coppetta, ventosa’ per il
concetto di “rotondità, cavità” che unisce i due significati. Il gr. sỹk-on ‘fico (frutto)’ ma anche ‘porro
sulle labbra, orzaiolo’ è della partita.
Il
gr. mēlo-pép-ōn è inteso come mela
matura (pép-ōn) con la
spiegazione erronea che una zucca
assomiglia ad una grossa mela matura. Ci risiamo! Che c’entrerebbe, poi, la maturità o meno della mela? La somiglianza tra i due ortaggi forse si dissolverebbe senza di essa? Le parole ci prendono in giro
costringendoci a spiegazioni alquanto contorte e innaturali. Ma lo vogliamo capire una buona volta che una
mela assomiglia ad un mel-one e ad una zucca per lo stesso motivo per cui un mel-one e una zucca
assomigliano ad essa? Che in altri termini il loro rapporto, detto matematicamente, è biunivoco? Non ci inganni la falsa supposizione che la
parola mel-one, essendo
composta di due membri, debba essere
considerata successiva, temporalmente, alla parola mela
da cui sarebbe derivata, con l’aggiunta di –one: queste sono solo illusioni ottiche, generate dai
significati specifici che nel corso di diversi millenni la radice ha potuto assumere
nelle sue varie espressioni formali. Non
esiste una parola che serva come modello, perché magari considerata più antica,
per le altre parole dal significato simile! La loro sostanziale intercambiabilità
è dovuta ad un motivo più profondo: il significato genericissimo della
loro radice che annulla qualsiasi differenziazione semantica intervenuta nel
frattempo, significato entro il quale sono ricompresi, in nuce, i vari
significati specifici disseminati attraverso il tempo.
A mio
modesto parere l’aggett. gr. pép-ōn ‘cotto dal sole, maturo’, dalla radice del verbo gr. péss-ein ‘cuocere, maturare’, è solo frutto dell’incrocio con radici come quella, ad esempio, di ingl. pip
‘seme, semino, pallino, puntino, punta’ o di abr. pëp-égnë ‘capezzolo’, abr. pëp-ígnë[1]
‘capezzolo’< lat. *pep-ine-u(m) col significato generico di ‘rotondità, protuberanza,
ecc.’. C’è anche lo sp. pep-ino ‘cetriolo’, il fr. pép-in ‘acino, seme, granello’.
Non
si sfugge! Anche l’altra voce settentrionale ang-uria ‘cocomero’ viene
dal tardo gr. ang-úria, plur. di
gr. ang-úri-on ’cetriolo’ la cui radice è la
stessa di gr. áng-os ‘vaso,
boccale, urna’, tutti concetti che attingono a quello di “cavità, rotondità,
piega, valle, ecc.”. Cfr. lat. ang-ul-u(m) ‘angolo, golfo, luogo chiuso, ripostiglio’.
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