giovedì 30 luglio 2020

Abruzzese cëtërόnë ‘cocomero’ (seguito).


    

   A proposito del suffisso di abr. cëtër-όnë ‘cocomero’ non scommetterei nemmeno mezzo dollaro bucato che si tratti, originariamente, dell’accrescitivo della radice cetr-, citr- di cui ho parlato.  Si tratta, invece, dello stesso suffisso di lat. mel-on-e(m) ‘melone’, lat. pep-on-e(m) ‘melone, popone’, gr. mēlo-pép-ōn ‘popone’ e, soprattutto, di gr. siky-ṓnē ‘zucca’, gr. siky-ōnía ‘zucca’ il cui primo membro richiama gr. síky-os ‘cetriolo, cocomero’, gr. siký-a ‘melone’ e ‘coppetta, ventosa’ per il concetto di “rotondità, cavità” che unisce i due significati. Il gr. sỹk-on ‘fico (frutto)’ ma anche ‘porro sulle labbra, orzaiolo’ è della partita.

   Il gr. mēlo-pép-ōn  è inteso come mela matura (pép-ōn) con la spiegazione erronea che una zucca assomiglia ad una grossa mela matura.  Ci risiamo! Che c’entrerebbe, poi, la maturità o meno della mela? La somiglianza tra i due ortaggi  forse si dissolverebbe senza di essa? Le parole ci prendono in giro costringendoci a spiegazioni alquanto contorte e innaturali.  Ma lo vogliamo capire una buona volta che una mela assomiglia ad un mel-one e ad una zucca per lo stesso motivo per cui un mel-one e una zucca assomigliano ad essa? Che in altri termini il loro rapporto, detto matematicamente, è biunivocoNon ci inganni la falsa supposizione che la parola mel-one, essendo composta di due membri, debba essere considerata successiva, temporalmente, alla parola  mela da cui sarebbe derivata, con l’aggiunta di –one: queste  sono solo illusioni ottiche, generate dai significati specifici che nel corso di diversi millenni la radice ha potuto assumere nelle sue varie espressioni formali.  Non esiste una parola che serva come modello, perché magari considerata più antica, per le altre parole dal significato simile! La loro sostanziale intercambiabilità è dovuta ad un motivo più profondo: il significato genericissimo della loro radice che annulla qualsiasi differenziazione semantica intervenuta nel frattempo, significato entro il quale sono ricompresi, in nuce, i vari significati specifici disseminati attraverso il tempo.   
   A mio modesto parere l’aggett. gr. pép-ōn ‘cotto dal sole, maturo’, dalla radice del verbo gr. péss-ein ‘cuocere, maturare’,  è solo frutto dell’incrocio  con radici come quella, ad esempio, di ingl. pip ‘seme, semino, pallino, puntino, punta’ o di abr. pëp-égnë ‘capezzolo’, abr. pëp-ígnë[1] ‘capezzolo’< lat. *pep-ine-u(m) col significato generico di ‘rotondità, protuberanza, ecc.’.  C’è anche lo sp. pep-ino ‘cetriolo’, il fr. pép-in ‘acino, seme, granello’.

    Non si sfugge! Anche l’altra voce settentrionale ang-uria ‘cocomero’ viene dal tardo gr. ang-úria, plur. di gr. ang-úri-on ’cetriolo’ la cui radice è la stessa di gr. áng-os ‘vaso, boccale, urna’, tutti concetti che attingono a quello di “cavità, rotondità, piega, valle, ecc.”. Cfr. lat. ang-ul-u(m) ‘angolo, golfo, luogo chiuso, ripostiglio’.



[1] Cfr. D. Bielli, Vocabolario abruzzese, A. Polla editore, Cerchio-Aq, 2004.

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