L'aiellese 'n-cac-àsse
non mi pare presente in altri dialetti della Marsica, ma quasi sicuramente
mi sbaglierò. Sembra un banale e brutto verbo tratto da cac-are (gr. kakk-á-ein ‘defecare), ma non è così. Il
significato che pressappoco è 'diventare indolente, inetto, incapace' mi
sorprende, e non poco, perchè punta dritto con la sua radice cac-
al notissimo aggettivo greco kak-òs dal valore generico di 'cattivo (di carattere)' ma anche 'privo
di buone qualità, inabile, inetto'. Naturalmente esso non ci perviene dal greco
storico ma molto, molto prima. L'aggettivo dovrebbe essere noto anche alla
maggior parte degli italiani, pur se poco acculturati per quanto riguarda le
lingue. Esso infatti costituisce, ad esempio, il primo membro del termine
culturale caco-fonia 'espressione composta di suoni piuttosto aspri, stridenti'.
La lingua non finisce mai di stupire!
Ora, siccome in
italiano, la lingua dominante, ma anche nei dialetti, la radice più diffusa è
quella relativa al verbo cac-are nel significato di ‘defecare’, è successo che anche le parole
che invece molto presumibilmente rimandano alla radice di gr. kak-όs ‘cattivo, vile, inetto’ ne abbiano subito una forte
influenza, come chiaramente rivela il celanese ‘n-gac-azz-àtë ‘che ha il
significato di ‘seduto, senza alcuna voglia di muoversi’. Questo participio passato (che presuppone il
verbo, ora scomparso, *’n-gac-azz-àssë
< ‘n-gac-acci-àsse))
non può avere però nessun rapporto col significato del verbo dial. cac-à ‘defecare’ dato che esso indica
tutt’altra cosa. Inoltre si incontrano
nei nostri dialetti aggettivi o sostantivi come cac-όnë ‘pauroso’ cac-acci-ònë ‘pauroso’ che
quindi non pare poter derivare dal dial. cac-accia, nel significato di ‘merda liquida’ come nel trasaccano
dissimilato cac-àrcia[1],
il quale però significa anche ‘paura’ come ad Avezzano-Aq, dove manca l’altro significato
di ‘merda’[2]. E ci risiamo! La realtà è dunque questa, che
il gr. kak-όs (simile alla radice di cac-are) significava anche vile,
detto di comandante o guerriero’, e quindi lo slittamento del significato a
‘codardo, pauroso’ è del tutto naturale come è stato inevitabile l’incrocio col
verbo sunnominato.
La
questione è più complicata di quanto si crede, però,in conseguenza del fatto
che chi è sotto una forte impressione di paura può anche involontariamente
farsela sotto. A me risulta che ci può essere
un aumento della motilità gastrointestinale quando si è in preda a paura ma che
difficilmente si arriva alla defecazione involontaria: forse i ragazzini
possono farsela addosso non solo per paura ma anche per altre cause. E questo ha fatto slittare il normale
significato di farsela sotto (defecarsi e urinarsi addosso) in quello di ‘essere
in preda alla paura’, per la compresenza delle due radici uguali nella forma. In greco esiste addirittura quella che può
essere definita la fotocopia dell’aiellese
‘n-gac-àssë
e cioè en-kaké-ein ‘ diportarsi male in; omettere, trascurare; avere
noia, indolenza’ nel vocabolario del Rocci.
[1] Cfr. Q.
Lucarelli, Biabbà A-E, Grafiche Di
Censo, Avezzano-Aq, 2003
[2] Cfr.
Buzzelli-Pitoni. Vocabolario del dialetto avezzanese, senza editore, 2002.
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