venerdì 26 febbraio 2021

Crisce ‘mbraccĕ, locuzione beneaugurante per i bambini.

 

Crisce ‘mbraccĕ, locuzione beneaugurante per i bambini.

 

   In alcuni dialetti abruzzesi l’espressione viene rivolta al bambino che è in braccio alla mamma.  E’ simile pertanto all’altra, più diffusa, criscë sandë ‘cresci in buona salute’ di cui ho parlato non molti giorni fa, dove il sandë non è da collegare lat. sanct-u(m) ‘santo’  ma alla radice di ted. ge-sund ‘sano, salubre’, ingl. sound ‘sano, forte’ e forse alla stessa radice di lat. san-u(m) ‘sano’. 

   A me la locuzione è sembrata un tantino costruita come se il crescere in braccio  e non il semplice crescere fosse una condicio sine  qua non. Così, riflettendo un po’ su di essa, ne ho potuto scoprire quello che, a mio avviso, è il sostrato da cui la parola ‘mbraccë proviene: si tratterebbe dell’aggetivo greco brakh-ýs ‘breve, basso, piccolo’ incrociato con l’it. braccio, parola anch’essa dal gr. brakh-íōn ‘braccio’ attraverso il lat. brachi-u(m) ‘braccio’.  Quindi l’espressione all’origine valeva cresci, piccolo!  Anche il verbo cresc-ere abbiamo visto in articoli precedenti che ha una radice ben rappresentata e variamente strutturata in greco, quindi l’espressione potrebbe essere stata per intero greca, all’origine.

   Ora, dopo qualche giorno dalla stesura di quanto sopra, mi sono accorto che esiste un’altra strada più credibile per spiegare ‘mbraccë.  In greco si incontrano i termini meĩrak-s ‘garzone, fanciulla, uomo effeminato’ e meiráki-on ‘fanciullo, giovanetto, giovane’: quest’ultimo, nell’ipotesi di una sua antica presenza nei nostri dialetti, avrebbe assunto la forma *mëràccë nel caso di una espressione come *criscë mëraccë! ‘cresci bimbo!’, la quale sarebbe stata interpretata sicuramente come criscë mbraccë  ‘cresci in braccio’.  C’è da osservare, comunque, che il significato greco di meiráki-on non è proprio quello di ‘bambino’ ma di ‘fanciullo, giovane’, ma la cosa è di scarsa importanza perché il significato di ‘bimbo’ potrebbe essere caduto.  Si osservi poi, ad esempio, che l’it. fanciullo nella sua origine latina indicava il bambino, l’infante che ancora non parla.  Si dà il caso che a Trasacco-Aq[1] la voce vëraccèllë < *braccelle significa ‘braccine di neonato’ e non genericamente ‘piccole braccia’.  A me pare chiaro che dietro ci sia l’incrocio con il temine *mëràccë ‘fanciullo’ di cui si parla.

   Le parole, nella loro lunga storia, è naturale che abbiano fatti incontri con altre simili,magari scomparse, di cui però resta il sentore nei significati.  Il verbo denominale greco meirakieú-esthai, infatti, significa ‘comportarsi da fanciullo, da bambino’ detto anche, poeticamente, dei cavalli (v. vocab. Gemoll).  Molto probabilmente la radice di meirakí-on ‘fanciullo, giovane’ doveva aver avuto anche il significato di ‘puledro, cavallo, cavallino’ come si può desumere da termini molto diffusi in area germanica, quali ingl. mare ‘cavalla, giumenta’, ant. sassone meriha ’cavalla’ molto simile al gr. meiráki-on ‘fanciullo, giovane’.  

   Tutto nella lingua ha una spiegazione, solo che la nostra spesso inadeguata o impossibile conoscenza di certi fatti avvenuti nel remoto passato, ci fa spesso brancolare nel buio.

  

  



[1] Cfr. Q. Lucarelli, Biabbà Q-Z, Grafiche Di Censo, Avezzano-Aq, 2003.

   



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