Sappiamo che i cereali
traggono il nome dalla stessa radice della divinità romana delle messi e
dell’agricoltura chiamata Cerere, lat. Cer-er-e(m) corrispondente alla dea greca Demetra. La radice ker(e), kre è abbastanza produttiva e si ritrova, in latino, nel verbo cre-are ‘creare, causare, produrre, ecc.’ e
nel verbo cre-sc-ĕre ‘crescere, nascere, ingrandirsi, ecc.’; in greco si
ritrova nella variante kór-os ‘sazietà’ e in altre parole che
subito vedremo. Kόrē era la figlia di Demetra chiamata anche Persefone, Proserpina
in latino. Kόr-os significava anche ‘figlio,
fanciullo, giovinetto’, riallacciandosi così all’idea di “creatura” ma significava
anche ‘rampollo, stelo, giunco’ i quali
sono creature, appunto, della
Natura. Lo stesso meccanismo abbiamo
visto operare nel termine gr. kȳma ‘onda,
rampollo, stelo, feto’ di cui all’articolo precedente La cima, dove ho citato anche l’abr. cimi-céllë ‘bambinetto’ che rientra nella radice in
questione.
Ora è chiaro, a mio avviso, che il luchese corë-ìttë ‘germoglio di legume o di
castagna’[1] è un
altro suo derivato, col suffisso diminutivo –ittë.
Si può subito notare che è un po’ strana questa forma corë-itte usata al posto di quella che
sembrerebbe più naturale , cioè *cor-ittë, con la caduta della
vocale indistinta, dato che di norma il
suffisso –ìttë si aggiunge
direttamente al tema della parola, esclusa la desinenza, come nei dialettali pal-ittë ’paletto’, mul-ìttë ’muletto’, ecc. E’
incredibile! anche questo fatto ha secondo me una spiegazione: la parola greca kόr-os ’
fanciullo, giovine, rampollo, stelo’ da cui il termine luchese deriva in
realtà presentava un digamma dopo la liquida –r- (come attestano
dialetti greci diversi dall’attico), sicchè essa dovè sviluppare una semivocale
simile alla –v- latina assumendo la forma *corv-ìttë, pronunciata come *coru-ìttë
e quindi corë-ìttë secondo le norme del dialetto luchese dove una
vocale atona si trasforma spesso in vocale indistinta –ë-, come in checùlë
‘cuculo’, cùchema ‘cuccuma’, ecc.
La pronuncia di semivocale della fricativa sonora –v-, simile a quella della nostra –u- (fatto normale in latino), è molto viva nel dialetto di
Trasacco-AQ, vicinissimo al paese di Luco dei Marsi. Non è possibile, però, escludere del tutto
che la parola in questione derivasse da una forma antecedente *core-a o *core-o l cui –e- faceva parte
del tema e non della desinenza, come può attestare il termine del dialetto di Avezzano core-òla o curi-òla ( come ad
Aielli) ‘erba selvatica, raccolta per sfamare gli animali’ . Questa voce
dovette incrociarsi con lat. cori-u(m) ‘cuoio, pelle’ perché l’erba si sviluppava in lunghi
lacci.
Ma
le meraviglie non finiscono qui! Il
significato di corë-ìttë specifica
che si tratta di germoglio di legume o di castagna : come
mai? Non sarà certo un caso se in greco
si incontra un kόr-kor-os ‘legumi
selvatici’ con radice raddoppiata e uguale a quella del suddetto gr. kόr-os ’fanciullo, rampollo, stelo’ e non
sarà ugualmente un caso se si incontra un gr. kárƴ-on ’noce’ dalla radice simile a quella di kór-os e usata anche per indicare le castagne. Nella lingua tutto ha una spiegazione e le
parole (coi loro significati) non vivono in un ambiente asettico durante la
loro lunga esistenza ma sono spesso modellate da altre, in specie simili nella
forma, con cui vengono a contatto, fino a diventare, a volte, irriconoscibili.
Passando ad altro, penso che il gr. kόris ‘cimice’ sia da intendere come
germe, allo stesso modo del lat. cimic-e(m) ‘cimice’ derivante dalla radice di
gr. kȳma
‘germoglio’: cfr. l’articolo precedente La
cima. Ma kόris vale anche ‘iperico’, una pianta erbacea il cui concetto può
rientrare quindi in quello generico di “germoglio”, e significa anche
‘sogliola’, il noto pesce, il cui concetto deve essere incluso, secondo il mio
modo di vedere, in quello di “germe” o, meglio, di “animaletto”.
Una
notazione toponomastica: a questo punto è chiaro che i vari Monte Corvo
in Italia non vanno banalmente spiegati supponendo che il nome sia il risultato
della frequenza di questi uccelli in quei monti, ma rendendosi conto che anch’essi
sono una manifestazione della radice di cui è questione, col valore di base di
‘creare, crescere, far crescere, innalzare’ come nel gr. corýss-ein ‘innalzare, ingrossarsi’ e nel gr. kόrys,
ythos ‘testa, elmo’, gr. kόrthys ‘elevazione, cumulo’, gr. koryphé (anche neutro kόryphos)
’cima’. I corvi, in questi casi, hanno svolto la stessa funzione e tutti i loro altri nomi indeuropei non derivano da una radice onomatopeica
esprimente il ‘gracchiare’ o ‘gracidare’ di questi ed altri animali, ma da una
radice simile o uguale a quella greca di kór-os ‘germoglio, fanciullo’ cui ho collegato il significato di
‘germe, animaletto, animale’. In greco kόrak-s vale ‘corvo’ ma anche ‘ombrina’,
pesce chiamato anche ‘corvo, corbo, corvetto’ dal colore argentato con
striature dorate tendenti al violetto. E
pensare che alcuni vocabolari chiosano erroneamente che il pesce è così
chiamato per il colore nero! Inoltre korakí-as vale ‘gracchio’, korakí-on ‘coracio’, tipo di pianta,’ in Aristotele. Il bel toponimo Kόrakos pétra ‘Pietra del corvo’ in
Itaca non traeva di certo il nome dal corvo,
ma dal suo essere rupe.
Concludendo, il corë-ìttë di Luco dei Marsi è veramente una perla linguistica, perché
oltretutto, con il suo alone versicolore che rimanda a significati di parole
greche simili, ci attesta senza ombra di dubbio che essa non era una scheggia
vagante, finita chissà come dalle nostre
parti, ma che era ben inserita in un contesto linguistico greco, come credo di
aver dimostrato nei diversi articoli sui grecismi nella Marsica e altrove,
presenti nel mio blog. A Trasacco-Aq è presente l’aggett. corijë ‘stramato,
foraggiato’, che però è usato solo dai contadini delle case coloniche arrivati
dopo il prosciugamento del Fucino, in gran parte dalle Marche[2]. L’aggettivo contiene la stessa radice di gr. koré-nny-nai
o koré-ein ‘saziare,
saziarsi’. Il significato di ‘sazio’ è
probabilmente il risultato di quello di ‘ingrossarsi’ o di ‘gonfiarsi’ insito
nella radice.
[1] Cfr. G.
Proia, La parlata di Luco dei Marsi, Grafiche Cellini, Avezzano-Aq, 2006.
[2] Cfr. Q.
Lucarelli, Biabbà A-E, Grafiche Di
Censo, Avezzano-Aq, 2003.
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