martedì 2 febbraio 2021

La cima.


    Riflettendo su una semplice parola come "cima" che sembra un termine dal significato poco elastico, indicando esso solo l’estremità di qualcosa che s’innalzi (albero, monte), si è indotti invece a convincersi che questo suo specifico significato ne nasconde altri che ne allargano di molto il senso originario. E così è per tutte le parole, partite a mio avviso dal significato generico di ‘spinta, forza’ e simili.

    Ad Aielli esiste anche la cëm-àta, la cima di un albero. La terminazione –ata non è un’aggiunta inventata magari da qualcuno, si ritrova anche nel dialetto di Luco dei Marsi dove cim-àta vale ‘sommità di una pianta o di un monte’[1] e nell’abruzzese cimatë ‘cima di montagna’[2]. La parola it. cima, lat.cym-a (m) ‘cima di cavolo’ viene dal greco kȳma, gen. kým-at-os: quindi la forma aiellese e luchese ci assicura che il termine a noi non arriva dall’italiano a partire dal lat. cym-a(m), ma direttamente dal greco. E in quella lingua che significava? Uno dei significati era 'germoglio', il quale come dice la radice latina gen-, mutata in ger-, era qualcosa che veniva generato dalla terra o dal tronco o ramo della pianta. Il germoglio rappresentava quindi una sorta di 'escrescenza' o 'punta' , soprattutto quella che svettava sulla pianta. Come l'italiano germoglio anche il greco kȳ-ma aveva in sé una radice che significava anche ‘generare’, quella del verbo -ein o kyé-ein ‘gonfiare, diventare o essere gravida’, radice che si ritrova nel lat. in-ci-ens, entis ‘incinta, gravida’ e non ‘discinta’ (per via della pancia ingrossata) come talora sento dire. Non per nulla kȳma significa anche ‘feto’, il prodotto, rampollo dell’amore, oltre a ‘onda, maroso’. L’onda è appunto un rigonfiamento dell’acqua del mare generato come dalla spinta di una forza interna simile a quella che fa sviluppare il feto. E così siamo arrivati al significato generico iniziale di ‘forza, spinta’. Dimenticavo la forma maschile cìmĕ, cëm-ìttë che ad Aielli indica un ‘ramoscello (frondoso)’.  La Lingua è stupenda nelle sue specializzazioni!

      Non bisogna credere, però, che le forme aiellesi cima, cimë, cëmàta siano nate tutte su un piano di contemporaneità come si potrebbe pensare, perché esse probabilmente non sono state create nemmeno in loco, ma possono essere il portato di ondate successive nel tempo provenienti da  paesi vicini e lontani. Nel vocabolario del Bielli, già citato, è registrata la strana voce cimic-éllë ’bambinetto, bambinetta’, che sembra un diminutivo di cimicë ’cimice’. Ma la cosa mi sembra assurda: è impossibile, a mio avviso,  che sia spontaneamente nata nella Lingua una similitudine di tal fatta, in cui un bambino viene paragonato al suddetto insetto!   Io penso che il diminutivo sia partito da una voce come cimë ‘ramoscello’ di cui sopra, con la stessa radice di gr. kȳma ‘germoglio’.  La forma doveva essere, appunto *cimi-céllë e non cimic-éllë proveniente da cimicë ‘cimice’.  A meno che lo stesso it. cim-ice, lat. cim-ic-e(m),  non sia un derivato della stessa radice greca col valore di ‘rampollo’, nel senso di ‘essere animato, animaletto, germe’. Animale, si sa, è un termine derivante da anima, uno dei significati primordiali delle radici, accanto a quelli di ‘spinta, forza, vita, movimento, ecc.’.  In ted. si ha Keim ‘ germe, germoglio’ che però, in conseguenza della cosiddetta Rotazione consonantica, dovrebbe derivare da una forma antecedente in velare sonora –g-, simile a quella di lat. gemm-a(m)’gemma, germoglio’ con raddoppiamento espressivo della consonante.  A me pare che questa radice, che considero variante di quella di gr. kýma ’germoglio, onda’ di cui sopra, possa essere assimilata anche alla radice di ingl. come (gotico qim-an )‘venire, andare’ il cui significato primitivo era, appunto ‘movimento’, la forza che fa muovere, spuntare, crescere, ingrossare, ecc. e che quindi esprime diverse  nozioni apparentemente distanti tra loro. Pertanto non farei molta fatica a collegare tra loro, ad esempio, il lat. ci-o e cie-o ‘metto in moto, eccito, animo, chiamo’ con il gr. ký-ein e kyé-ein ‘gonfiare, diventare gravida, concepire’ come effetto di una forza   che spinge, preme, ingrossa, produce, crea.

     Il germoglio, la cima, l’onda, il feto, il ramoscello e la spinta, il moto che sembrerebbero non avere quasi nulla in comune, si rivelano invece essere varianti di una stessa idea di fondo, la quale non è mai speciale ma genericissima. L'idea di "protuberanza, spinta" si può materializzare anche in quella di "monte" tout court: infatti esiste anche un monte Cima nel Trentino e un monte Cim-ino nel Lazio. La stessa Cuma, antica colonia calcidese dei campi flegrei, che era però abitata già prima, come ha mostrato l'archeologia, era chiamata Cumae in latino ma anche Kýme, Kýma per via, credo, della collina protraentesi nel mare su cui sorgeva. Il nome, pertanto, doveva essere a mio avviso più antico dell'arrivo dei greci. Forse costoro trasformarono solo in Kȳma 'onda' un nome che sentivano pronunciare dai locali come Cuma, della stessa radice di lat. cum-ul-u(m) ‘cumulo, mucchio, massa, cima, apice, culmine’.

     Ve lo immaginate il povero uomo, che ha appena cominciato a parlare, alle prese con i significati particolari da attribuire alle tante cose concrete ed astratte del mondo? Non saprebbe letteralmente dove mettere le mani, e si sarebbe trovato certamente in disaccordo con i suoi simili. Allora, via via ha dovuto ricavarli, i significati particolari, dall’unico significato generico di cui era riuscito ad impadronirsi: quello di ‘anima, soffio, spinta, forza’, cucinato in forme diverse con i suoni (lettere) che possedeva e con il loro vario abbinamento.

    Io sono convinto che tutto il bailamme delle lingue del presente e del passato è il prodotto di un unico concetto. Un'operazione economica che ottiene il massimo di parole dal minimo di un solo concetto iniziale il quale, per la sua estrema genericità, è difficile anche definire: anima, spirito, forza, spinta, vita, ecc.

 



[1] Cfr. G. Proia, La parlata di Luco dei Marsi, Grafiche Cellini, Avezzano-Aq,2006.

 

[2] Cfr. D.Bielii, Vocabolario abruzzese, Adelmo Polla editore, Cerchio-AQ, 2004.

  

   

    



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