Riflettendo su una
semplice parola come "cima" che sembra un termine dal significato
poco elastico, indicando esso solo l’estremità di qualcosa che s’innalzi
(albero, monte), si è indotti invece a convincersi che questo suo specifico significato
ne nasconde altri che ne allargano di molto il senso originario. E così è per
tutte le parole, partite a mio avviso dal significato generico di ‘spinta,
forza’ e simili.
Ad Aielli esiste anche la cëm-àta, la cima di un albero. La terminazione –ata non è un’aggiunta inventata magari da qualcuno, si ritrova
anche nel dialetto di Luco dei Marsi dove cim-àta vale ‘sommità di una pianta o di un monte’[1] e
nell’abruzzese cimatë ‘cima di
montagna’[2]. La
parola it. cima, lat.cym-a
(m) ‘cima di cavolo’ viene dal greco kȳma, gen. kým-at-os: quindi la forma aiellese e
luchese ci assicura che il termine a noi non arriva dall’italiano a partire dal
lat. cym-a(m), ma direttamente dal greco. E in
quella lingua che significava? Uno dei significati era 'germoglio', il quale
come dice la radice latina gen-,
mutata in ger-, era qualcosa che
veniva generato dalla terra o dal tronco o ramo della pianta. Il germoglio rappresentava quindi una sorta
di 'escrescenza' o 'punta' , soprattutto quella che svettava sulla pianta. Come
l'italiano germoglio anche il greco kȳ-ma aveva in sé
una radice che significava anche ‘generare’, quella del verbo ký-ein o kyé-ein ‘gonfiare, diventare o essere gravida’, radice che si ritrova
nel lat. in-ci-ens, entis
‘incinta, gravida’ e non ‘discinta’ (per via della pancia ingrossata) come
talora sento dire. Non per nulla kȳma significa
anche ‘feto’, il prodotto, rampollo dell’amore, oltre a ‘onda, maroso’. L’onda
è appunto un rigonfiamento dell’acqua del mare generato come dalla spinta di
una forza interna simile a quella che fa sviluppare il feto. E così siamo
arrivati al significato generico iniziale di ‘forza, spinta’. Dimenticavo la
forma maschile cìmĕ,
cëm-ìttë che ad Aielli indica un
‘ramoscello (frondoso)’. La Lingua è
stupenda nelle sue specializzazioni!
Non bisogna credere, però, che
le forme aiellesi cima, cimë, cëmàta siano nate tutte su un piano di
contemporaneità come si potrebbe pensare, perché esse probabilmente non sono
state create nemmeno in loco, ma possono essere il portato di ondate successive
nel tempo provenienti da paesi vicini e
lontani. Nel vocabolario del Bielli, già citato, è registrata la strana voce cimic-éllë ’bambinetto,
bambinetta’, che sembra un diminutivo di cimicë ’cimice’. Ma la cosa mi sembra
assurda: è impossibile, a mio avviso, che
sia spontaneamente nata nella Lingua una similitudine di tal fatta, in cui un
bambino viene paragonato al suddetto insetto!
Io penso che il diminutivo sia
partito da una voce come cimë ‘ramoscello’ di cui sopra, con la stessa radice di gr. kȳma
‘germoglio’. La forma doveva essere,
appunto *cimi-céllë e non cimic-éllë proveniente da cimicë ‘cimice’. A meno che
lo stesso it. cim-ice, lat. cim-ic-e(m), non sia un derivato della stessa radice
greca col valore di ‘rampollo’, nel senso di ‘essere animato, animaletto, germe’.
Animale, si sa, è un termine
derivante da anima, uno dei significati primordiali delle radici, accanto
a quelli di ‘spinta, forza, vita, movimento, ecc.’. In ted. si ha Keim ‘ germe, germoglio’ che però, in conseguenza della cosiddetta Rotazione consonantica, dovrebbe
derivare da una forma antecedente in velare sonora –g-, simile a quella di lat.
gemm-a(m)’gemma, germoglio’ con raddoppiamento espressivo della
consonante. A me pare che questa radice,
che considero variante di quella di gr. kýma
’germoglio,
onda’ di cui sopra, possa essere assimilata anche alla radice di ingl. come
(gotico qim-an )‘venire,
andare’ il cui significato primitivo era, appunto ‘movimento’, la forza che fa muovere, spuntare,
crescere, ingrossare, ecc. e che quindi esprime diverse nozioni apparentemente distanti tra loro. Pertanto
non farei molta fatica a collegare tra loro, ad esempio, il lat. ci-o e cie-o ‘metto in moto, eccito, animo, chiamo’ con il gr. ký-ein e kyé-ein ‘gonfiare, diventare gravida, concepire’ come effetto di una
forza che
spinge, preme, ingrossa, produce, crea.
Il germoglio, la cima, l’onda, il feto, il ramoscello e la spinta, il
moto che sembrerebbero non avere quasi nulla in comune, si rivelano invece essere
varianti di una stessa idea di fondo, la quale non è mai speciale ma
genericissima. L'idea di "protuberanza, spinta" si può materializzare
anche in quella di "monte" tout court: infatti esiste anche un monte Cima
nel Trentino e un monte Cim-ino nel Lazio. La stessa Cuma, antica colonia calcidese dei
campi flegrei, che era però abitata già prima, come ha mostrato l'archeologia,
era chiamata Cumae in latino ma anche Kýme, Kýma per via, credo, della collina protraentesi nel mare
su cui sorgeva. Il nome, pertanto, doveva essere a mio avviso più antico
dell'arrivo dei greci. Forse costoro trasformarono solo in Kȳma 'onda' un
nome che sentivano pronunciare dai locali come Cuma, della stessa radice di
lat. cum-ul-u(m) ‘cumulo, mucchio, massa, cima,
apice, culmine’.
Ve lo immaginate
il povero uomo, che ha appena cominciato a parlare, alle prese con i significati
particolari da attribuire alle tante cose concrete ed astratte del mondo? Non
saprebbe letteralmente dove mettere le mani, e si sarebbe trovato certamente in
disaccordo con i suoi simili. Allora, via via ha dovuto ricavarli, i
significati particolari, dall’unico significato generico di cui era riuscito ad
impadronirsi: quello di ‘anima, soffio, spinta, forza’, cucinato in forme
diverse con i suoni (lettere) che possedeva e con il loro vario abbinamento.
Io sono convinto
che tutto il bailamme delle lingue del presente e del passato è il prodotto di
un unico concetto. Un'operazione economica che ottiene il massimo di parole dal
minimo di un solo concetto iniziale il quale, per la sua estrema genericità, è
difficile anche definire: anima, spirito, forza, spinta, vita, ecc.
[1] Cfr. G.
Proia, La parlata di Luco dei Marsi,
Grafiche Cellini, Avezzano-Aq,2006.
[2] Cfr.
D.Bielii, Vocabolario abruzzese, Adelmo
Polla editore, Cerchio-AQ, 2004.
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