martedì 12 marzo 2019

Etimo di "imbuto".


                      
Generalmente si accetta la derivazione dal tardo  latino imbut-u(m) ‘imbuto’ dal part. pass. del verbo lat. imbu-ere ‘imbevere, impregnare’, anche se alla precisa corrispondenza formale non fa riscontro una altrettanto chiara corrispondenza semantica. L’imbuto, come sappiamo, è un arnese che serve a travasare un liquido da un recipiente ad un altro. Il nome corrente nei nostri dialetti, compreso quello di Aielli-Aq, è ‘mmuttíjjë, il quale, però, sembra essere una conferma del suddetto etimo perché da noi il gruppo consonantico –mb- tende fortemente a trasformarsi in –mm- (cfr. ‘mmastardì per it. imbastardire, con la caduta della /i/ iniziale). 

    In alcuni dialetti centro-meridionali si incontrano però altre forme come il sic. mutu ‘imbuto’, campano muto[1] ‘pevera, grande imbuto usato per riempire le botti’ per le quali si suppone la trafila imbuto > ‘mmuto > muto, quindi con una sorta di semplificazione un po’ strana della voce dialettale proveniente da imbut-u(m).  A me sembra più naturale, invece, partire proprio da una forma *mut-u(m) ‘imbuto’ la cui radice dovrebbe essere la stessa di lat. mut-are ’muovere, spostare, mutare, cambiare, scambiare’ che poteva dunque essere adatta ad indicare lo spostamento o, meglio, il trasferimento di un liquido da un recipiente ad un altro, funzione precipua di un imbuto. In latino esiste la forma del verbo con la preposizione in-‘verso, dentro’ che, comunque presenta lo stesso significato di quella semplice.

   Ora, io suppongo che tale forma, con un significato simile a quello di lat. in-mitt-ere (im-mitt-ere)‘gettare dentro, introdurre, infondere’ sia alla base del tardo latino imbut-u(m) ‘imbuto’, il quale dovrebbe essere il risultato di un incrocio della forma originaria supposta *im-mut-u(m) ‘imbuto’ con il verbo lat. imbu-ere ‘imbevere, impregnare’ che non c’entra nulla con l’imbuto.  Tra-mut-are (aiellese tra-mutà) è il verbo che indica il travaso del vino, dal lat. trans-mut-are ‘far cambiare di posto, trasporre, trasferire (da una parte all’altra)’ come il la. trans-fund-ere indicava il travasare e la trasfusione. Interessante è il gr. mot-όs ‘canaletto di scolo’ (in Ippocrate), concetto che incontra quasi alla perfezione quello di ‘imbuto’ e combacia anche con quello di lat. mod-ul-u(m) 'tubo di acquedotto'. 
  
    Dei diversi nomi dialettali per ‘imbuto’, registrati in questo post[2] indicato in nota, mi ha per ora colpito la voce, probabilmente di Balsorano-Aq o di Sora-Fr, che suona inchiturë. Nessuno, credo, possa mettere in dubbio l’origine di questa bella parola, tanto è evidente! Essa rimanda al gr. en-khé-ein ’versare (khé-ein) dentro (en-), infondere’. La radice di khé-ein presenta anche la variante khy-. L’in-chi-turë, quindi, non sarebbe altro che un versatore, uno strumento ‘atto a versare’.  Il suffisso –tor, soprattutto in latino ma anche in greco, designa il nomen agentis, la persona o lo strumento che compie un’azione.  C’è da segnalare in toponomastica la Fonte Citùro nel territorio di Collarmele-Aq e i Khẏtroi (Chitri), sorgente termale delle Termopili. In greco antico khṓnē  (contraz. di khoánē, sempre della radice di khé-ein ‘versare’) era il nome per ‘imbuto’ ma anche per ‘fosso o crogiolo per la fusione dei metalli’.  La radice si prestava ad indicare sia una cavità che uno scorrimento, sicchè non è azzardato supporre che l’it. cun-etta ‘canale di scolo ai lati della strada’ sia da considerare diretto derivato, per il significato, di tale radice e non del lat. cun-a(m) ‘culla’, che pure attingeva al concetto di “cavità”.  In italiano letterario o regionale cuna vale, oltre che 'culla', anche 'avvallamento del terreno'. 

  


[1] Cfr. M. Cortelazzo-C. Marcato, I dialetti italiani, UTET Torino, 1998.

[2] Cfr. sito web: https://www.facebook.com/groups/99287580276/10161406101990277/?comment_id=10161407884895277&notif_id=1552381371024265&notif_t=group_comment_mention

                      

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