venerdì 15 marzo 2019

Infundibolo


                                           

E’ la parola con cui in archeologia si indica un vaso a cono rovesciato molto affusolato con un foro sul fondo, usato dai greci e romani come imbuto, dal lat. in-fundi-bul-u(m) ‘imbuto’ ma anche ‘tramoggia’ del mulino: un recipiente a forma di imbuto, appunto, che raccoglie le granaglie e attraverso un buco le invia lentamente alla macina sottostante.  La radice del termine rimanda al verbo lat. fund-ere ‘versare, bagnare, spargere, fondere, ecc.’.

  Nel nostro dialetto, e in molti altri del centro-meridione, il nesso consonantico –nf- dà solitamente mb- come ad esempio in m-bόnn-ē ‘bagnare’ che è proprio il lat. in-fund-ere nel suo significato, tra gli altri, di ‘bagnare’. Nel nostro dialetto il gruppo consonantico –nd-  si trasforma, per assimilazione progressiva, in –nn-. La desinenza infinitiva –ere della terza coniugazione  si riduce solitamente a mero suono indistinto ë, come  in scrivë ’scrivere’ e bévë ‘bere < bév-ere’, da lat. bib-ere ‘bere’, passato prima a italiano arcaico bév-ere e poi, con sincope della fricativa sonora /v/, a bere.  Il part. passato di lat. in-fund-ere suona da noi mbussë ‘bagnato’, femm. mbόssa ‘bagnata’: il cambiamento del timbro vocalico della radice è dovuto al noto fenomeno della metafonia. In latino le forme rispettive sono in-fus-u(m)  ‘infuso, versato, bagnato’ e in-fus-a(m) ‘infusa, versata, bagnata’.  Esistono in dialetto anche forme sostantivate comembussë ‘il bagnato’ e la mbόssa ‘la bagnata’: cfr. aiellese so’ ppijjata ‘na bbella mbόssa  ‘ho preso una bella bagnata (sotto la pioggia)’.

    Anche il lat. fund-a(m) ‘fionda, frombola’ sfrutta, a mio avviso, la stessa radice in quanto la sua funzione era quella di gettare, lanciare non l’acqua ma un proiettile di pietra o piombo.  Si incontra anche fundi-bul-u(m) ‘fionda’ con lo stesso suffisso –bul-u(m) che abbiamo notato nel suddetto in-fundi-bul-u(m) ‘imbuto’.  Questo tipo  di suffisso viene in genere inteso come strumentale, cioè usato per designare un mezzo o strumento quali il turi-bul-u(m)’turibolo, incensiere’, il pati-bul-u(m) ‘patibolo’, il concilia-bul(u(m) ’conciliabolo’, ecc.  Io ho i miei dubbi sulla questione ed ho sempre sostenuto che anche questi suffissi, che sembrano avere solo un valore grammaticale, possedevano in origine lo stesso significato della radice o del tema che ripetevano tautologicamente, prima che la Lingua li sfruttasse per indicare con essi, non so, la funzione di sostantivo  o di avverbio o di strumento di un termine: così essi facilmente persero il loro significato, che  era già espresso  d’altronde dal tema della parola. Le considerazioni che sto per fare spero che getteranno un po’ di luce sulla nascosta verità.

    Il fatto è che esiste in latino anche la voce fundi-bal-u(m) ‘fionda’ ma anche ‘macchina da guerra lancia-proiettili’ che presenta, come si vede, il suffisso –bal-u(m), variante di -bul-u(m); inoltre si incontra fundi-bula-tor ‘fromboliere’, col suffiso –tor di nomen agentis, cioè che serve a designare la persona, la macchina o lo strumento che compie l’azione, e si aggiunge solitamente alla radice di un verbo.  In questo caso, però, non è attestato un verbo *fundi-bul-are ‘riversare, lanciare’ ma la /a/ con cui termina l’elemento –bula- mi fa sospettare che esso dovette esistere da qualche parte  e in qualche tempo, anche se  a noi risulta non attestato: ne è una spia anche l’attestazione, invece, della sua variante fundi-bal-are ‘lanciare’(nella Vulgata) corrispondente al citato fundi-bal-u(m) ‘fionda’.  I deverbativi in –tor presentano una /a/ prima del suffisso se provengono dalla prima coniugazione, come lat. ara-tor ‘aratore’ o ama-tor ‘amatore, amante’, e in genere una /i/ negli altri casi, come fundi-tor ‘fromboliere’ audi-tor ‘uditore’, erudi-tor ‘maestro’.  Per ultimo cito lat. fundi-bal-ari-u(m) o fundi-bul-ari-u(m) ‘fromboliere’.

  Ora a me pare sensato  pensare che queste varianti –bal-, -bul- dovevano avere un significato tautologicamente uguale a quello di fundi-  precedente, cioè quello di ‘lanciare, gettare’, come ho mostrato nei miei articoli in tanti altri casi.  Le varianti corrispondono esattamente a quelle greche della radice del verbo báll-ein  ‘gettare, scagliare’, come gr. bél-os ‘punta, dardo, proiettile’, gr. bόl-os ‘il gettare, getto’, gr. bol-ís, -ídos ‘proiettile’.  Conferma il tutto il lat. ball-ista(m), bal-ist-a(m) ‘macchina da guerra lancia-missili, balestra’.  La radice non proviene a mio parere né dalla Grecia antica né dalla Magna Grecia, ma doveva trovarsi abbondantemente su suolo italico da epoche immemorabili.

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