domenica 31 marzo 2019

TERREMOTO (solo negli etimi!)


                                                         

Tutti gli studiosi fanno osservare che questa parola è l’esatta traduzione del lat. terrae-mot-u(m) ‘terremoto’ facendo magari notare che in italiano si è mantenuta la desinenza del genitivo terr-ae della parola lat. terr-a(m) della prima declinazione. Tutta l’espressione significa infatti ‘movimento (mot-um) della terra (terr-ae)’. Francamente anche un normale  studente di Liceo  non avrebbe nessuna difficoltà a fare un’analisi del genere, senza nessun bisogno di ricorrere ai linguisti. Da quello che sto per dire, però, risulterà che le cose non sono andate precisamente così. E’ per questo che mi vado sempre più convincendo che sarebbe ora che la linguistica tradizionale andasse ad ingrassare le ortiche.  Sinceramente non intendo offendere offendere nessuno, se penso che essa ha fatto il suo tempo, anche se, senza di essa e i suoi grandi nomi, sicuramente non avrei potuto raggiungere questi traguardi.

   Una parola come terrae-mot-u(m) apparentemente sembra che sia nata da una naturale riflessione da parte di qualcuno, magari fatta a caldo, dopo aver avvertito un movimento tellurico. Una parola, insomma, nata a tavolino, mentre avveniva una scossa o subito dopo.  Eppure le parole, e soprattutto le locuzioni, sono solite riciclare materiale linguistico precedente, esistente ab antiquo, magari prima dello strato linguistico del latino, senza che qualcuno le inventi, diciamo così, ex novo. E quindi la supposizione che facevo testè suona un tantino innaturale, dato che se si avverte una scossa, si entra immediatamente in fibrillazione e difficilmente ci mettiamo a riflettere su alcunchè che non sia il pensiero di mettersi al riparo e di salvarsi la vita.  Esiste per di più il tosc. tre-moto che potrebbe metterci secondo me sulla buona strada ma che, sempre secondo i linguisti, sarebbe un derivato di terremoto, con la sincope della prima –e- e l’incrocio col verbo trem- are < lat. trem-ere ‘tremare’.

   Ora questo lat. trem-ere ‘tremare’ è ampliamento in –m di una radice ter/tre ben attestata in area indoeuropea. Lo stesso lat. terr-ēre ‘atterrire’, da cui lat. terr-or-e(m) ‘terrore, in quanto tremore’, ne è un prodotto. La radice è quella del secondo elemento di lat. i-ter ‘cammino, viaggio’, in quanto movimento: di essa ho parlato abbondantemente nell’articolo Tramoggia del mio blog (pietromaccallini.blogspot.com –18 marzo 2019). Allora è molto più naturale supporre che come in lat. esiste un trem-or-e(m) ‘tremore,brivido,terrore’, ma anche ‘scossa, terremoto’, così ci sarà stata nel linguaggio parlato anche una forma *tre-mot-(u)m, da cui sarà derivato direttamente il tosc. tre-moto ‘terremoto’ sopra citato, e una variante *ter(r)e-mot-u(m) ‘terremoto’, composto tautologico formato dalla suddetta radice ter(r)- ‘tremare’ e da lat. mot-u(m) ‘moto, movimento, impulso, scossa’. Allora è giusto pensare che  il lat. terrae-mot-u(m), espressione troppo precisa che sembra nata per indicare solo il movimento della terra e non altro, aveva avuto in realtà una lunghissima vita precedente allo strato  latino, così come noi lo conosciamo, e indicava genericamente un movimento o tremore: l’idea di terra è stata ricavata, per etimologia popolare, dalla radice ter(r)- sopra analizzata, come è avvenuto in tanti altri casi. E non è da credere a tutti i costi che il sostantivo lat. mot-u(m) ‘moto, movimento’ venga dal part.pass. mot-u(m) ‘osso’ del verbo mov-ēre ma deve essere parente di gr. mόth-os ‘tumulto, strepito’ o gr. mot-ári-on ‘canaletto di scolo’.

   Una controprova di quanto detto si può avere analizzando le parole inglese e tedesca per ‘terremoto’, e cioè ingl. earth-quake, letter. ‘scuotimento(-quake) di terra(earth)’e ted. Erd-beben ‘tremore (-beben ) di terra (Erd-)’. In antico, alto ted. il termine per ‘terra’ era ero (gr. éra ‘terra’, in Euripide) il quale quindi poteva prestarsi benissimo a generare una reinterpretazione del prefisso indivisibile del verbo ted. er-beb-en ‘tremare, fremere’, per cui si passò dal significato generico di ‘tremare, fremere’ a quello speciale di ‘tremore della terra (ero)’.  

     Come abbiamo osservato altre volte, le parole o espressioni che si presentano con il crisma della self-evidence, sono spesso come dei furbissimi extracomunitari che, per necessità, camuffano i propri connotati e si fanno rilasciare permessi, documenti taroccati e persino indennità di disoccupazione per poter vivere legalmente insieme agli altri e mantenere le amanti. Amen!

   Rinnovo l’invito a buttare alle ortiche tutto quello che non è più efficiente in linguistica, con buona pace di tutti.  

Nessun commento:

Posta un commento