Tutti sappiamo che Giove, il sommo dio dei romani, aveva molti epiteti,
tra cui Stator-e(m) che
sembrava essere tra quelli più chiari, quando leggevamo, o qualche insegnante
ci diceva, che il suo significato è ‘quello che aiuta a rimanere saldi’ di
fronte all’incalzare dei nemici. Dal
verbo lat. st-are (partic. pass.
stat-um) ‘rimanere fermo, saldo’. Però ora, riflettendoci sopra un po’
pignolescamente, noto che il verbo è intransitivo e quindi dovrebbe significare
‘colui che si ferma restando saldo’,
riferito a Giove stesso, ma si potrà sempre dire che in questo caso è la
divinità stessa che impersona il combattente romano, e la piccola difficoltà
sparisce.
La tradizione leggendaria parla di Romolo che, in un difficile frangente
per le milizie romane, quando avevano già ceduto all’irruenza dei Sabini nel
foro, nella battaglia del lago Curzio, intorno al 750 a.C., e risalivano di
corsa verso il Palatino, si rivolse a Giove Statore promettendogli la
costruzione di un tempio se avesse rovesciata la situazione: la sua invocazione
evidentemente fu ascoltata e i romani, raccolte le loro ultime forze,
riuscirono a respingere i Sabini.
Ora, passando ad un’analisi razionale, è certo che i nomi relativi a
divinità sono molto più antichi di quelli della lingua stessa di cui un popolo
si trova a fare uso, anche nella fase più arcaica della sua storia, e quindi metodologicamente
potrebbe essere fuorviante cercare di spiegare, confidando sui valori delle
parole di quella lingua in quello stadio evolutivo, il valore di un nome di
divinità il quale poteva già esistere quando quel popolo usava magari una
lingua di gran lunga diversa, e, soprattutto, molte parole potevano essere nel
frattempo cadute e altre invece subentrate in vari modi. E in effetti si dà il caso che, per la
spiegazione, a mio parere giusta, di questo appellativo Statore, si debba tener
conto di una parola che ho incontrato nel dialetto di Castellafiume-Aq. nella
Marsica, paese non molto lontano da Roma.
Ma le parole, lo sappiamo, a volte hanno avuto tutto il tempo per viaggiare
comodamente in lungo ed in largo e compiere migliaia di chilometri. Oltre a Giove Statore si aveva anche la
divinità del fuoco Stata Mater, alla
quale, nei tempi più antichi, si accendevano fuochi nel foro.
La parola è stat-aroio[1]
< *stat-arolo, con la
normale palatalizzazione della /l/, che indica un fungo particolare, il cui
nome scientifico è fomes fomentarius, fungo da esca usato un tempo per accendere il fuoco.
Ora stat-aroio dovette
significare, nel lontano passato, proprio ‘atto all’accensione del fuoco,
infiammabile’: mi consente di supporlo il verbo gr. stathéu-ein ‘riscaldare, ardere, arrostire’. Tutto qui. E allora Iuppiter Stator non era
altro che Giove Luminoso, o Giove Brillante o
Ardente se per caso all’inizio
la divinità coinvolta era quella affine del Sole. E forse nella lontana preistoria, dove
senz’altro arrivano le radici di questo nome, l’uomo non aveva ancora inventato
la guerra organizzata, creazione forse di epoche successive. In greco si ha anche uno Zeús Stad-aî-os (cfr. Eschilo, Theb.,
v. 513) inteso come ‘Zeus che presiede a battaglia campale’, da gr. stádi-on ‘stadio’. Ogni lingua, come si può ben vedere,
interpreta la radice secondo le parole del suo vocabolario, nemmeno sospettando che in questo caso l’epiteto
poteva nascondere la stessa radice di gr. stathéu-ein ‘riscaldare, ardere, arrostire’, sopra citato.
In effetti se dovessimo usare lo scientifico rasoio di Occam, ci
accorgeremmo che la mia interpretazione potrebbe essere quella giusta. Infatti per Statore si afferma che il
significato dovrebbe essere quello di ‘che tiene saldi i soldati’ o anche ‘che
ferma i nemici’ e, tenendo presente il significato del verbo greco che presenta
la stessa radice di lat. st-are, cioè hi-stá-nai ‘porre, erigere, innalzare,ecc.’, si potrebbe ugualmente
sostenere che Stator, nei primordi
della sua storia, poteva significare ‘colui che innalza (il trofeo della
vittoria). Idem per Stata Mater che
comunemente si interpreta come ‘colei che ferma gli incendi’ ma con altrettanto
diritto si potrebbe interpretare come ‘colei che provoca incendi’. La realtà, secondo me, è che queste sono
interpretazioni tardive rispetto alla presumibile antichità preistorica di
queste divinità. La mia interpretazione di Giove Luce o brillante e di Madre Fuoco, è semplice, diretta, non
bisognosa di altre parole e concetti per essere intesa. E’ quindi rispondente
in pieno alla ratio del rasoio di Occam,
anche se per caso non dovesse essere vera.
La sola radice sta- potrebbe essere riferita a
buon diritto a tante circostante: è solo la posizione tradizionale che parte
dai tempi di Romolo ad autorizzarci, in certo senso, ad intendere il significato
di questi epiteti nel modo che sappiamo. E in verità, a volere essere pignoli,
la detta interpretazione non partirebbe nemmeno da Romolo, ma da quelli che
secoli dopo ne parlarono.
C’è un altro interessante epiteto per Giove, Iuppiter Lapis ‘Giove
Pietra’. Nel tempio di Giove Capitolino si conservava, evidentemente da tempi
immemorabili, una vera e propria pietra (un meteorite?), per la quale si
giurava, considerata la materializzazione della divinità stessa e del suo
fulmine, divinità che finiva in un certo
senso col coincidere con l’oggetto stesso, in una visione quindi aniconica del
dio, propria di alcun religioni. A mio parere anche qui dobbiamo pensare che Lapis
corrisponda alla radice del verbo gr. lámp-ein ‘lampeggiare, brillare’ se in
lettone lapa vale ‘fiaccola di pino’.
E forse ne sa qualcosa lo stesso latino limp-id-u(m) ‘limpido, chiaro’.
Un altro epiteto di Iuppiter è
Flagius
adorato a Cuma-Na, nella zona dei
Campi Flegrei. Sia per Flegrei
che per Flagi-us viene spontaneo
citare il verbo gr. phlég-ein ‘bruciare,
fiammeggiare, splendere’, lat. flagr-are ‘ardere, risplendere’, lat. flamm-a(m) ‘fiamma’ < *flag-s-ma, variante metatetica della radice di lat. fulg-ēre ‘brillare, risplendere’, lat. fulg-ur ‘lampo’, lat. ful-men ‘fulmine’<*fulg-s-men.
Ora, voglio dire che qui non si tratta tanto di precisare l’origine di questo o quell’epiteto: è tutto
un atteggiamento da rivedere nei confronti soprattutto di termini riguardanti
la religione, la protostoria o le leggende di una civiltà. Ma la cosa stenta a
prendere piede, quando non è recisamente rifiutata, e così si continua ad
insegnare falsamente nei licei che Giove
Statore nacque come ‘colui che fa restare saldi i soldati’! E’ quello che anche i romani credevano, in
base al verbo lat. st-are ‘restar
fermo’, ma la ricerca linguistica odierna, dopo secoli e secoli, dovrebbe e
potrebbe avere altre armi per rivelarne la falsità!
L'etimologia deve tenere conto di un equato perfetto, il sanscrito sthAtar- (A lungo): 'che sta fermo' = saldo, immobile, 'che sta fermo sul carro' = conduttore.
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