venerdì 3 aprile 2020

Caposcala



 

   La parola composta capo-scala (in dialetto aiellese capë-scala) è un’altra di quelle che, a mio parere, i linguisti prendono sottogamba perché, anche inconsapevolmente, pensano che essa appartenga ad uno strato linguistico più o meno recente, e che quindi il suo dignificato è selfevident, come dicono gli inglesi. Così in genere chiosano: parola, composta da capo-  e scala,  designa il pianerottolo che si trova in cima ad una scala esterna, d’accesso ad una abitazione.  Naturalmente non passa nemmeno per l’anticamera del loro cervello che possa trattarsi di composto tautologico, data la loro inveterata avversione contro simili fenomeni.

   Ora nei nostri dialetti si incontrano le due espressioni cap-abbàllë   e cap-ammόndë   che hanno due significati: uno avverbiale ‘verso sopra, verso la cima’ o ‘verso la valle, in discesa’ e l’altro di sostantivi ‘discesa’ e ‘salita’.  In ogni dialetto può prevalere l’uno a discapito dell’altro[1] oppure sussistono contemporaneamente rutti e due.  Persino nel dialetto pugliese di Spinazzola-Ba. si hanno un chaep a mònd ‘strada in salita’ e un chaep abbašc  ‘strada in discesa’[2], senza significato avverbiale. Invece a Trasacco-Aq le due espressioni cap-abballë e cap-ammόnde [3] presentano sia il valore di avverbio che quello di sostantivo.  Nello stesso dialetto di Spinazzola si incontrano le espressioni chjaen a mònd ‘strada in salita’ e chjaen a bašc ‘strada in discesa’, in cui la voce chjaen corrisponde all’it. piano: termine, quest’ultimo, che io avevo già individuato , soprattutto nella toponomastica, col significato di ‘via’.  Si legga, per favore, il mio importante articolo La verità fa paura,  presente nel blog pietromaccallini.blogspot.com. (ottobre 2011). Allo stesso modo in cui qui la voce chjaen  ha bisogno  delle specificazioni 'a monte' e 'a basso, a valle' perchè nel lessico spinazzolese normalmente essa ha il significato di 'piano', così la voce chaep ha bisogno delle stesse specificazioni perchè normalmente essa significa 'capo'.  

   A me non pare giusta l’etimologia che si dà per queste espressioni, rimandante al supposto lat. caput ad montem, caput ad vallem ‘capo verso il monte, capo verso la valle’.  La Lingua è molto più concreta e precisa in genere.  A mio parere la componente capo-  potrebbe avere la stessa radice di turco Kapi ‘porta’, ungher. kapu 'porta, cancello', serbo-croato kapija 'porta, portone'. Ne ho parlato più dettagliatamente in un altro articolo di cui non ricordo il titolo.  Il significato di fondo della radice dovrebbe essere quello di ‘passaggio, attraversamento, movimento’ come succede per lat. port-a(m) ‘porta’.

  Ma è ora di tornare al nostro capë-scala il quale, anch’esso, oscilla, nei vari dialetti, tra il semplice significato di ‘scala’ e quello di ‘estremità della scala, pianerottolo’ che sembra essere l’interpretazione della lettera del composto.   E questo fatto è strano, e non può su due piedi essere fatto rientrare nel gioco dei significati estensivi oppure restrittivi di un termine.  Se la parola avesse avuto la motivazione che il suo significato letterale addita (e che i linguisti accettano senza batter ciglio) essa, all’origine, non poteva indicare che l’estremità della scala e sarebbe perlomeno molto curioso che ad un certo punto della sua storia la parola sviluppi il significato restrittivo di ‘scala’, nonostante i significati delle due componenti, noto lippis et tonsoribus, vi si opponessero con tutte le forze.  Ma la storia della parola indicava l’opposto: All’inizio, o giù di lì, il significato del composto doveva essere in genere ‘scalinata, scala’, passato poi alla specializzazione di estremità della scala quando esso si incrociò col lat. caput ‘capo’.  Ma da quanti secoli o millenni il composto andava in giro? Non è nato tutto col latino storico! Sempre a Trasacco-Aq. la voce capi-scala ‘scalinata, anche esterna che fa capo all’uscio di casa’.  E c’erano anche case in cui il caposcala esterno non immetteva in un qualche pianerottolo, ma raggiungeva direttamente il gradino di ingresso dell’uscio.

   La cosa diventa molto più semplice, e perciò più realistica, se si pensa ad una parola composta tautologica, in cui i due membri avevano nelle lontanissime loro origini (non ieri) lo stesso significato generico di ‘strada, percorso’ e, più in fondo, di  ‘movimento’.   Lo stesso verbo lat. scand-ĕre ‘salire’, alla base del lat. scal-a(m) ‘scala’, aveva all’inizio il significato di ‘mettersi in movimento’, attestato anche nelle aree celtica ed indiana[4], senza alcuna specificazione della direzione e della natura di questo movimento.  D’altronde il lat. de-scend-ĕre ‘discendere, scendere’ non può essere inteso come se fosse un contro-salire un disfare il salire come taluno, legato ai significati unici delle radici, riesce persino a supporre: il suo significato è chiaro come polla sorgiva se si dà alla prep. de- il suo normale valore di allontanamento da qualche cosa o di movimento dall’alto verso il basso. 

   I problemi, se presi per il verso giusto, si sciolgono come neve ai primi tepori del sole.



[1] Ad Aielli esiste solo il significato  avverbiale delle due espressioni.

 

[3] Cfr. Q. Lucarelli, Biabbà A-E, Grafiche Di Censo, Avezzano-Aq, 2003. 

[4] Cfr. G. Devoto, Dizionario etimologico, Avviamento all’etimologia italiana, Le Monnier, Firenze, 1968, s. v. scala.

   




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