sabato 4 aprile 2020

M’è fattë olmë (Mi ha fatto olmo)


                              

    Nei nostri dialetti marsicani la parola όlmë indica, da un lato, la pianta ben nota il cui nome è dal lat. ulm-u(m) ’olmo’, dall’altro, la persona che viene lasciata impietosamente senza bere un goccio, nel gioco della passatella, una volta  così diffuso nelle bettole ed osterie. Diverse volte in passato mi sono chiesto il perché di questa parola, senza peraltro indagare a fondo ma anche senza l’esperienza e il fiuto che credo di aver sviluppato, specie in questi ultimi tempi, circa alcuni significati di alcuni termini.

   La parola, nei due sensi, deve valicare abbondantemente i limiti della Marsica e dell’Abruzzo se si ritrova tale e quale nel dialetto lucano di Gallicchio-Pt., dove l’espressione (mandare uno) “a ùlmë significa ugualmente ‘lasciare qualcuno a bocca asciutta nel gioco della passatella’[1]. 

  Ora, che c’entra la pianta dell’olmo con quest’altro significato  della parola? Assolutamente niente, giacchè in questo caso, come in tanti altri, siamo di fronte all’incrocio di due parole che originariamente non avevano nessun rapporto sostanziale, tranne la somiglianza, o quasi, dei loro significanti: del resto la cosiddetta etimologia popolare in questi casi ci va a nozze e compie miracoli ben  più incredibili di quello che mi accingo a spiegare. 

   Il fatto è che, secondo me, il secondo significato (quello relativo alla passatella) doveva condividere, all’origine, lo stesso significato di gr. érēm-os ‘solitario, deserto, abbandonato’ ma anche ‘spoglio, privo, ecc.’, termine imparentato con ted. arm ‘povero’, che in alcuni casi significa proprio privo di.  Così un’eventuale e possibilissima variante *orm, *urm  su suolo italico (dove arrivò non so come) sarebbe caduta  fatalmente in braccio al lat. ulm-u(m) ’olmo’, col vantaggio che in questo modo avrebbe potuto nascondere la sua, diciamo così, eccessiva  arrendevolezza nei confronti di estranei. Ma le parole non hanno queste pruderie degli umani. Inoltre lo scambio  l/r è ricorrente nelle lingue. Se qualcuno dovesse arricciare il naso per il vocalismo diverso, dovrebbe farlo anche per, ad esempio, ant. alto tedesco anti, unti, enti, inti tutte forme per la congiunzione italiana ‘e’.

  C’è da osservare che la forma laziale ormo (nella passatella) potrebbe essere quella originaria del termine, ma siccome il nome dell’olmo in quel dialetto suona ugualmente ormo è diventato impossibile separare la storia delle due parole.   

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