venerdì 17 aprile 2020

Vari nomi dell'agnello.

    


   

    Chi conosce ad Aielli, soprattutto tra i giovani, la parola amm-ìzzë? Significa 'agnello' come l'altra parola ain-ùccë (anche àinë ‘agnello’). Queste ultime sono dal lat. agn-u(m) 'agnello': la /g/ dinanzi a consonante si trasforma in /i/ talora. Ma la prima parola? Non abbiate paura! è il gr. amn-ìs, id-os 'agnellino' <amn-όs 'agnello', diventato amm-izze per influsso dell'altra voce dialettale ammizzë ‘abituato, avvezzato’ da dialettale ammëzzà ‘avvezzare’ < basso lat. ad-viti-are.

     Anche l’abbacchio non ce la racconta giusta, una parola registrata solo all'inizio dell'Ottocento ma che di certo doveva esistere nei dialetti da molto tempo prima. Nel meridione d’Italia compare, successivamente, anche una forma bacchio 'agnello', che è considerata derivante dall'altra per aferesi, come spesso succede. Ma io suppongo che essa fosse la forma originaria, che dopo molte vicende ha dato abbacchio. Quest'ultimo si fa derivare in genere dall'espressione latina ad bac-ul-u(m) 'presso il bastone, palo' dove talora il piccolo animale si legava per non farlo allontanare, in campagna. E' facile e normale  il passaggio da ad bac-ul-u(m) ad abbacchio, come ormai credo sappiate. Un'altra etimologia vuole abbacchio derivato dal lat. ove-cul-a(m), diminutivo di lat. ov-e(m) 'pecora', ma si sarebbe dovuto avere una forma ovecchio, al massimo un irregolare ovacchio un po' lontano da abbacchio. Comunque la cosa sarebbe stata possibile.

     A me disturba un po' questa derivazione da bastone in base a cui si indicherebbe un animale come l'agnello con parole che non attengono alla sua natura ed entità ma che solo casualmente lo riguardano. Infatti ritengo più praticabile far derivare il nome dal gr. phág-il-os 'agnello', ritenuto però falsamente apparentato con la radice di gr. phag-eîn 'mangiare': l'agnello indicato sarebbe quello che appena svezzato comincia a mangiare, in fondo ancora un lattonzolo, un abbacchio; dalla parola greca si dovette passare a *phágl-os con la sincope della /i/- e poi, seguendo il destino di altre parole derivate dal lat. come gland-a(m)> it. ghianda, si dovè avere la palatalizzazione del nesso /gl/ e la parola divenne  phághio , con la pronuncia però solo aspirata della /p/, come era nella reale pronuncia  greca, del gruppo /ph/, non trasformato successivamente in fricativa sorda /f/. Si ebbe, insomma nei dialetti un *paghio, magari col raddoppiamento *pagghio. Il passaggio successivo fu quello metaforico per cui la sonorità di -gh- passò alla iniziale sorda p- che divenne sonora b-. La parola a questo punto era diventata bacchio, come la forma dialettale meridionale di abbacchio di cui ho parlato all'inizio. Io penso che anche l'it. pacchia, fatto derivare dal verbo, ormai desueto, it. pacchiare 'mangiare’, possa essere tirato in ballo se si vuole dare un compagno credibile al bacchio (agnello) fatto derivare da me  dal gr. phág-il-os. Naturalmente questo bacchio non ha potuto evitare l'incrocio e la confusione con l'it. bacchio 'pertica usata per bacchiare' e con il verbo dialettale abbacchi-are 'abbattere, macellare', da cui deriverebbe  l'ab-bacchio (da *ad-bacchio) 'agnello di latte' italiano, che viene “abbacchiato” soprattutto nel periodo pasquale, e che è chiamato nella Bibbia anche semplicemente pascha.

 

   Questa storia del palo cui l'agnello veniva legato, finisce col diventare veramente invasiva. Esiste in effetti anche un dialettale abruzzese passun-àrë 'agnello respinto dalla madre' fatto derivare sempre dal concetto di palo, che nei nostri dialetti è detto anche passone, (ad Aielli pasciònë). Ma qui siamo di nuovo vittima di fraintendimento perchè dietro il passun-arë si protrebbe nascondere una forma metatetica *pask-un-are (rispetto alla radice di lat. pax-ill-um 'paletto, piolo'); la parte finale –arë potrebbe essere la radice di quella greca arn-a 'agnello', aggiunta tautologicamente alla prima, e di quella latina di ari-et-e(m) 'ariete'.

 

    Ma è possibilissimo che una radice op-, up- per 'pecora', non attestata ma ricavabile dal lat. up-ili-on-e(m) 'pastore' con le varianti op-ili-on-e(m) e ov-ili-on-e(m) si sia aggiunta al bacchio< gr. phag-il-os ' agnello' dando una forma dialettale ob-bacchio divenuto abbacchio per influsso del dialettale  abbacchiare ‘macellare’. Delle molte possibili varianti di un nome a noi restano solo rimasugli, bazzecole, salvatisi miracolosamente dall'azione livellatrice della lingua. Anche in inglese abbiamo il termine ewe che significa ‘pecora’ e che rimanda alla radice di lat. ov-e(m) ‘pecora’, ma si ha anche un ewe lamb ‘agnella’ , in cui lamb da solo significa già ‘agnello’.


    Pensate, in lat. esisteva anche una parola maschile ovi-fer-u(m) 'pecora selvatica', in cui l'elemento -fer doveva condividere la radice con lat. fer-a(m) 'fiera'.

 

Quanta storia per un agnello genuino!

 





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