Quando qualcuno prova una
sensazione di grande soddisfazione e di godimento compiaciuto, per parole o
fatti che solleticano l’amor proprio nonché talora la propria vanità, si dice
che è andato in sollucchero, meglio in solluchero, o è stato mandato in solluchero. Il sostantivo deriva dal verbo sollucher-are, di origine sconosciuta secondo
quasi tutti i linguisti. Ciò significa che nessuno è riuscito finora a darne un
etimo accettabile. Scusate se ci provo io.
A me pare, di primo acchito, che il termine soll-uchero debba appunto dividersi in due radici tautologiche: la prima
chiama in causa il lat. sol-ari ‘confortare, consolare,
alleviare, ecc.’, l’ant. basso ted. soel ‘felice’, gotico selas
‘felice’, a. alto ted. sal-ig ’beato’, ted. sel-ig ‘beato’; la seconda dovrebbe essere quella di gr. όkr-is ‘cima di monte’, osco-umbro ocr-is ‘monte (sassoso)’, che ritorna in
diversi toponimi come Ocre, comune nella provincia
dell’Aquila alle pendici del monte Ocre.
Nel secondo membro -uchero c’è stato il passaggio o>u e l’anaptissi di una –e- tra la –c- e la –r-. La radice oc- è secondo me variante
della più diffusa ac- di lat. ac-ut-u(m) ‘acuto’, lat. ac-i-em ‘punta, filo tagliente di spada, scure, acutezza della vista,
occhio, ecc.’, gr. ákr-on
‘promontorio, punta, vetta, ecc.’, gr. ak-ōk-ḗ ‘punta, taglio’ (con
raddoppiamento della radice), aggettivo lat. acr-e(m) ‘acre, pungente, penetrante, forte, violento, ecc.’, dialetto
aiellese acr-éjjë
‘pungiglione’,
ecc., ecc.
C’è
da osservare che l’it. all-ègro è fatto derivare dal lat. al-acr-e(m) ‘ alacre, ardente, vivace, pronto, lesto, lieto’, ma i linguisti parlano solo
della radice iniziale al- e non del resto
dell’aggettivo ritenuto evidentemente una sorta di suffisso, senza particolare
significato. Ora la radice al-
è indoeuropea ed indica, nel fondo, il ‘movimento’, concetto che è alla base di
quello di “allegro”: e questo è vero.
Ma, come
dicevo, non bisogna trascurare il significato del secondo membro, che non è un
suffisso, ma altro termine tautologico per ‘vivacità, forza, movimento’, tutti
significati che possono essere visti, in trasparenza, nello stesso lat. acr-e(m) ‘penetrante, violento, forte’, come espressione di una forza che spinge, smuove, penetra, perché
l’idea di “punta” genera a mio avviso automaticamente nella mente dell’uomo
parlante oltre all’idea connessa di “penetrazione, taglio” anche quella di
“forza in movimento”, sicchè non è nemmeno
azzardato avvicinare la radice ac-
a quella di lat. ag-ĕre ’spingere, agire, fare, ecc.’. Non
per nulla il solito meccanismo lo ritroviamo anche nel verbo it. punt-are, dai diversi significati, compreso
quello di ‘guardare attentamente, fissare’ (si pensi al sopra citato lat. ac-i-e(m)
‘acutezza, sguardo vivo’) e quello che fa al nostro caso di ‘muoversi, tendere,
dirigersi verso qualche luogo’.
A mio
parere anche il primo membro di lat. solli-cit-u(m) ‘mosso, agitato, pieno d’ansia, tormentoso, angoscioso’(da
cui l’it. sollecito) ripete il
significato di ‘movimento’, del secondo membro cit-u(m), participio passato del verbo ci-ēre ‘mettere in movimento, eccitare, chiamare, ecc.’. La radice dell’aggett. osco soll-u(m) ‘tutto, intero’ credo che si sia
solo incrociata con l’aggettivo solli-cit-um ‘mosso, agitato’ dando una sfumatura in più al significato
come se fosse ‘smosso interamente, completamente’.
Se osserviamo bene il suddetto lat. al-acr-e(m) ‘alacre, ardente, vivace,
lesto, ecc.’ e lo confrontiamo col gr. ōkẏ-al-os ‘ celere, agile, svelto,
violento’ ci accorgiamo, in base a
quello che ho detto sopra, che nei due aggettivi si ha l’inversione delle medesime
due radici, confermando così anche la mia ormai annosa convinzione che le parole sono composte da
membri autonomi con lo stesso significato, che si giustappongono tra loro,
senza bisogno di stabilire un prima e un poi. Amen.
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