mercoledì 5 maggio 2021

“Gettare il bando”.

 


Chi, fra quelli della mia età o giù di lì, non ricorda Angëlùccë Carrubbìnë lo spazzino comunale (oggi, con termine politically correct ma fastidiosamente lungo, ‘operatore ecologico’) di Aielli che fungeva, nelle varie occasioni, anche da pubblico banditore? Col faccione largo a volte rabbuiato (in quel caso l’ho visto sbattere ripetutamente la testa contro un muro, e controllare  ogni volta con la mano se ci fosse del sangue: se l’esito era negativo ci riprovava ancora da sganasciarsi dalle risa!), e con i  grossi piedi piatti, la sua figura era già tutto un programma.

   Ora, dopo questa impellente divagazione, spiego l’espressione in epigrafe, in uso allora nei nostri dialetti, ‘gettare il bando’, in aiellese: jittà u bannë.  La spiegazione è facile e semplice, ma nel suo profondo, se ben capita, nasconde uno dei principi fondamentali della Lingua, che si farebbe bene a tenere a mente.

    Il significato del verbo gettare  è noto, cioè ‘lanciare, scagliare’ e simili. Il bando è una comunicazione di interesse pubblico emessa dall’autorità e diffusa in paese dal banditore, il quale però si prestava, dietro un piccolo compenso, anche a diffondere notizie varie da parte dei privati. Egli era munito di una trombetta, con la quale richiamava l’attenzione della gente: la sua comunicazione iniziava con l’immancabile “Si avverte al pubblico!”.

   Il verbo gettare proviene dal lat. e-iect-are ‘gettar fuori, emettere, sputare, vomitare’, composto dalla preposizione e- ‘fuori da’ e –iect- da lat. iact-are, col significato base di  ‘gettare fuori, lanciare, scuotere, spargere, diffondere ecc. ‘ ma anche con quello più specifico di ‘proferire’ che fa al caso nostro: il banditore è colui che proferisce ad alta voce una comunicazione. I linguisti diranno che questo proferire è un significato figurato di quello base: come se le parole venissero lanciate fuori dalla bocca di qualcuno. 

    Ma questo è il punto.  All’origine, nel latino arcaico o anche prima, il verbo non doveva fare nessuna distinzione tra significati cosiddetti propri e significati figurati. Erano tutti propri, nel senso che il parlare stesso costituiva un ‘emettere fuori’ della bocca le parole, le quali d’altronde sono un’entità materiale composta di suoni, oltre che di significati. Lo stesso termine pro-fer-ire, ad esempio, viene dal lt. pro-ferre ‘portare avanti o fuori, ecc.’ ma anche ‘esporre, esprimere’: si noti che anche questi ultimi due verbi indicano un materiale porre fuori, premere fuori. Non si scappa da un’origine concreta e materiale di queste operazioni mentali, che solitamente vengono definite come metaforiche o figurate! Anche in greco si ha pro-fér-ein ‘portare avanti, ecc.’ ma anche ‘enunciare, dire, proferire’; para-phér-ein ugualmente significa ‘portare presso, avanti’ ma anche ‘pronunciare, narrare, riferire’.

    La realtà è che l’uomo che cominciò a parlare avvertiva anche queste operazioni come l’esercizio di una forza che premeva verso l’esterno per esprimersi.

   Concludendo, quindi, l’espressione ‘gettare il bando’ nei suoi lontanissimi primordi (la stampa e altro sono venuti pochi secoli fa) doveva indicare l’atto concreto di esprimere ad alta voce il bando delle autorità. Il verbo italiano e dialettale gettare < lat. iact-are non aveva come suo nativo significato solo quello di scagliare e simili che ora ci ritroviamo, ma anche quello di pari grado, per così dire, di esprimere, pronunciare, proferire, i quali d’altronde coincidono con quello generico iniziale di ‘mettere fuori’ da cui deriva anche quello specializzato di gettare. La specializzazione di questo verbo era già quasi compiuta nel latino, dove il suo significato base era ‘gettare’, anche se ancora faceva ogni tanto capolino l’altro significato di ‘esporre, esprimere’ e simili.

 

 




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