venerdì 19 giugno 2020

Catherinewheel o catherinewheel. e i suoi vari significati




   Nel significato di ‘ruota dentata’ possiamo credere che il nome si sia generato quando arrivò in Gran Bretagna la leggenda di Santa Caterina di Alessandria d’Egitto (III-IV sec. d.C.), sottoposta secondo la tradizione al supplizio della ruota dentata, fatta apposta per lacerare le carni e frantumare le ossa del condannato. Ma nel significato di ‘finestra rotonda con colonnine separatrici come i raggi di una ruota’ che ci azzecca (per dirla alla Di Pietro) la ruota di Santa Caterina? E che ci azzecca il significato di ‘dollaro d’argento’, ma anche di altre monete in Gran Bretagna? Il nome della povera e spiritualissima Santa (probabilmente, però, mai esistita) finito ad indicare il vile denaro, la moneta sonante!  E che ci azzecca il significato di ‘girandola’, la ruota dotata di fuochi d’artificio che gira vorticosamente nelle feste ad allietare i presenti o magari una processione che passa?  Sarebbe addirittura una allegra e irresponsabile profanazione del nome Santa se, in questo caso, Caterina richiamasse effettivamente lei! E, stranezza delle stranezze, che ci azzecca la Santa col significato di ‘capriola laterale con cui un atleta (ma anche un ragazzo dotato di agilità) compie un ribaltamento del corpo, facendolo ruotare mentre si appoggia con le  mani sul pavimento e tenendo i piedi in movimento verso l’alto e poi verso il basso? È forse la Santa una protettrice degli atleti o fu una ginnasta essa stessa?   Mistero della lingua che non ha ricevuto dal nome di nessun altro Santo  altrettante motivazioni per poter esprimere concetti diversi, anche se tenuti insieme dall’idea di fondo di “rotondità e movimento circolare”.  Eppure questi termini riferiti a Caterina, non la gratificano nemmeno dell’appellativo di Santa!

    Di conseguenza, e dato per scontato da parte mia che un termine uguale o simile a Catherine o Catharine per ‘rotondità, ruota’ doveva esistere prima della morte della Santa, si deve pensare che anche il significato di ‘ruota dentata’, il quale fa riferimento al supplizio della  Santa in questione, si sviluppò da un nome precedente già esistente  nella lingua. Dirò di più: azzardo l’ipotesi che il catherine-wheel ‘dollaro (ma anche altre monete in Gran Bretagna)’, letteralm. ‘ruota (-wheel) di Caterina’, possa avere a che fare con l’it. quattrino, riferito a monete di piccolo valore nei vari sistemi di monetazione vigenti nei vari stati italiani prima dell’unità.  Naturalmente in questi stati il nome aveva sempre il valore di quattro (sodi, denari) o di quarta parte come nel Regno di Napoli, in cui era appunto la quarta parte del grano.  Una diffusione così vasta  mi fa appunto supporre che il termine fosse antico, magari vivente nel linguaggio parlato, col valore di moneta (di metallo). 
 
    Siccome il catherine-wheel ‘dollaro d’argento’ è noto anche come cart-wheel ‘ruota di carro (cart-)’ presumo che dietro cart- possa esserci stata una forma *catr- richiamante quella di cather-ine.  Per quanto riguarda la lacerazione delle carni e la frantumazione delle ossa del condannato al supplizio della ruota dentata, faccio notare che in greco esiste il termine kata-rrínē 'lima' (similissimo a Caterina) e il verbo derivato kata-rrinà-ein che significa 'limare, assottigliare' che richiama naturalmente il triturare e frantumare della famosa ruota cui fu condannata Caterina, ruota che miracolosamente si ruppe (invece di rompere le ossa della Santa) lasciando illesa Caterina: ad Aielli esistevano mandorle chiamate di santa Catarina che avevano un guscio tenero e, per così dire, friabile sotto una piccola pressione: altro che santa! Solo che anche questo termine era entrato evidentemente nell’ambito dei fatti leggendari della santa: come? per il semplice tramite della radice che indicava il dirompersi, il rompersi, il triturarsi e così via.

      Ciliegina sulla torta.  Vi racconto una storiella legata a questa radice.  Sotto la voce quatréjjë[1] Il Lucarelli riporta questa storiella: “Era così chiamata l’irritazione che le ragazze si provocavano per gioco su di un braccio, su di una gamba o su altra parte del corpo, tramite l’applicazione di una foglia del cosiddetto tëtëmajjë, Questa è un’erba selvatica del tipo della saponaria, che emette lattice urticante ed irritante della pelle.  C’era la credenza  che, a seconda  dell’ampiezza e profondità della piaga che si formava, la ragazza aveva la certezza se il ragazzo di cui era innamorata la pensasse o l’amasse e quale fosse l’intensità del suo amore”.  Ora,  è chiaro che questa credenza non è nata dal nulla o dall’inventiva di qualche ragazza stimolata dai fumi dell’amore,  ma che essa si è sviluppata, pian pianino nel corso dei secoli e millenni, a partire dal termine stesso di quatr-éjjë <quadr-ello il quale poteva essere addirittura un nome per lo stesso tëtëmajjë < gr. tithý-mall-os, pianta erbacea con fusto eretto, che non appartiene al genere Saponaria bensì a quello dell’Euforbie, ma comunque con le proprietà urticanti di cui il Lucarelli parla.  L’irritazione sulla pelle da esso prodotta calza a pennello col significato di gr. kata-rrínē ‘lima’ e quindi, con il termine trasaccano quatr-éjjē dal significato probabilissimo di ‘irritazione, piaga’ anche se questa radice catr- non collima alla perfezione con quella de precedente kata-rrínē: poteva trattarsi di variante, confusa con l’altra come potrebbe indicare la stessa –r- raddoppiata. Cosa più interessante ancora in questa storiella è il coinvolgimento non marginale  in essa del ragazzo di cui la ragazza era innamorata: quatr-anë è termine marsicano-abruzzese per ‘ragazzo’ di cui parlo più sotto: la radice è uguale a quella del quatr-èjjë in questione e a quella simile di aiellese-trasaccano quatr-asc-onë ‘adolescente, ragazzo’ detto tra il serio e il faceto, afferma Lucarelli.  Che quatr-éjjë < *quatr-éllo avesse questo significato è confermato indirettamente anche dalla forma abruzzese quatr-àlë[2] ‘ragazzo’, altra variante di quatr-ànë ‘ragazzo’ proveniente, forse, dall’incrocio di *quatr-éllo > quatréjjë con la forma quatr-ànë.   I vari significati del trasaccano quatréjjë si sono potuti conservare attraverso il tempo proprio grazie al persistere di questa storiella, altrimenti sarebbero andati irrimediabilmente per duti: così, come succede nel mito, parole e significati di tempi immemorabili, arrivano intatti fino a noi.

    Ad Aielli-Aq (ed altrove) u quatréjjë ‘il quadrèllo’ era la ‘lima’ che corrisponde all’it. quadrello.  Solo che l’etimo che se ne dà nel vocabolario del De Mauro indicherebbe la sezione quadrata dello strumento: io però ho l’indiscutibile vantaggio di indicare la funzione principe, direi la natura, di esso. Non solo.  Il quatréjje che possedevamo a casa era a tre facce, come d’altronde dice anche M. Marzolini[3], per il dialetto di Rocca di Botte-Aq. Così anche le divine quadrella lanciate da Apollo contro i Greci, nella traduzione di Vincenzo Monti, che leggevo alla prima media, non debbono il nome alla sezione quadrangolare ma alla natura di frecce, punte atte a dilaniare penetrando nella carne.  Ecco spiegato il motivo per cui non manca quasi mai una spada nell’iconografia di santa Caterina, che sarebbe la spada con cui, nella leggenda, fu decapitata.

    Inoltre la caterinetta è uno strumento per fare cordoncini tubolari, simile a un rocchetto di forma grosso modo cilindrica, chiamato anche mulin-ello o mulin-etto, che è tutto dire. Ci risiamo col concetto di “rotondità e rotazione”.   Anche se il nome viene associato a quello di catarinetta che in Piemonte indica una ragazza che frequenta una sartoria, nome accostato, insieme al fr. catherin-ette ‘donna giovane, non sposata’, alla Santa di cui si parla (e ti pareva!), che rifiutò di sposarsi.   Anche gli appartenenti alla setta eretica dei Catari, però, rifiutavano sdegnosamente il coito e il matrimonio, strumento di Satana. E molte altre Sante avevano rifiutato di sposarsi perché dedite al loro unico e vero sposo Gesù. Evidentemente si trattava di un clichè spesso applicato nelle agiografie delle Sante. Ma in questo significato di ‘giovane donna’ potrebbe avere un’origine ben diversa accostabile, a mio avviso, a quella dello  sfuggente abruzzese quatr-ànë e quatr-àna  ‘ragazzo’ e ‘ragazza’, termine che non si riesce ad inquadrare in qualche modo, ma che io penso abbia avuto a che fare, all’origine, con qualche significato vegetale come rampollo, pollone e simili, parole usate anche per indicare animali e uomini giovani.  

   La càtera in alcuni dialetti indica il frutto della mandorla ancora verde,e quindi tenero, buono da mangiare. Che il nome derivi dal fatto che esse cominciano a mangiarsi intorno al 30 aprile, festa di Santa Caterina non è credibile, perché abbiamo visto sopra che la mandorla di Santa Caterina ad Aielli indicava una mandorla tenera e friabile, anche quando era pienamente  matura (intorno a giugno-luglio).  Inoltre suppongo che   la voce càtera dovesse indicare anche il frutto stesso del mandorlo, una drupa ovoidale allungata, esprimibile attraverso una radice, come quella in questione, che, tra i diversi significati assunti nel corso del tempo, aveva soprattutto quello di ‘rotondità, ruota, nucleo, chicco’.Lo conferma la parola arcaica con componenti tautologiche, italiana ma anche abruzzese, catra-fosso ‘fosso profondo, burrone’: una cavità, dunque, non importa quale significato specifico essa presenti.  Questo è quanto. 




[1] Cfr. Q. Lucarelli, Biabbà Q-Z, , Grafiche Di Censo-Avezzano-Aq, 2003

[2] Cfr. D. Bielli, Vocabolario abruzzese, A. Polla editore, Cerchio-Aq. 2004.

[3] Cfr. M. Marzolini, “…me nténni?”, A rti grafiche Tofani,  Alatri-Fr 1995..
        




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