mercoledì 17 giugno 2020

Na sbarra dë cëllittë ‘una frotta di uccelli’.


                   

    Allora sbarra non è solo d'Aielli: è presente anche a Paterno-Aq, a Trasacco-Aq[1] e credo anche nell’abruzzese[2] smarrëbranco, frotta, stormo’ incrociatosi con la radice mar(r)-  di abruzzese marr-occa ‘spiga del granturco’ variante di morrë ‘spiga del frumento e altre graminacee; branco, gregge, armento’, abr. morë ‘mucchio di grano’.  Interessantissimo è la pléceta ‘gran numero, massa’ del dialetto aquilano perchè nasconde una parola greca (l'Abruzzo è pieno di termini greci), cioè plektḗ che significa ‘intreccio’, ma anche ‘corona, avvolgimento, spira (tutti concetti che indicano 'rotondità' e cioè 'gruppi’ come dirò ora per sbarra.

   La sbarra, infatti, è variante, con labiale sonora, del dialettale molto diffuso sparra, o spara 'cercine', panno che le donne avvolgevano sulla testa per portare pesi, e che poi serviva anche come cencio o strofinaccio mille usi. Il termine è anch'esso simile al greco speĩra ' avvolgimento, cercine'. In fondo anche greco sphaĩra 'palla, disco, sfera, pillola' esprime lo stesso concetto generico di "rotondità". Ora, in latino, coron-a(m) indica anche un 'circolo, gruppo di persone'; il lat. turb-a(m) (il cui etimo rimanda a 'movimento circolare') significa anche 'moltitudine, mucchio, massa, ecc.'; il lat. glob-u(m) ‘globo sfera, mucchio, ammasso, moltitudine’; il nostro aiellese e abr. maschile rόtë ‘circolo, capannello di persone’ rimanda alla radice di lat. rot-a(m) ‘ruota, disco’.  E così anche la nostra sbarra, sparra ‘cercine’ assunse il significato di 'gruppo, massa, moltitudine'.

   Il termine di Opi-Aq na freca ‘una gran quantità’ si ritrova anche ad Aielli-Aq e altrove: io penso che sia parente prossimo della radice di lat. frequ-ent-e(m) ’numeroso, frequente’. L’abr. na fatta ‘una quantità grande di persone o cose’ è molto interessante.  Esso non ha niente a che fare, secondo me, col participo passato del verbo fare insieme all’aggettivo italiano fatt-iccio ‘robusto, tarchiato’, dial. abr. fatt-ìccë ‘grosso, massiccio, spesso’.  Se l’idea di it. fatto ‘maturo, sviluppato’ può coprire il significato di grosso, robusto esso non può assolutamente coprire quello di ‘tarchiato, tozzo, tracagnotto’.  Un uomo fatto è un giovane pienamente sviluppato che può essere, però, sia tarchiato nella persona sia snello.  Allora, a mio parere c’è dietro qualcosa: la radice di ingl. fatt-ish <*fatt-isk ‘grassoccio, grassottello’, ingl. fatt-y < *fatt-ig ‘grassone, ciccione’ da aggett. ingl. fat ‘grasso, grosso’. Di conseguenza il dial. na fatta ‘una grossa quantità’ attinge proprio a questa radice  fat ’grasso, grosso’. Non si scappa!

  Mi sono accorto poco fa che esiste anche l’abruzzese sbarde[3] ‘branco, stormo’ da cui sarà derivato il suddetto dial. sbarra ‘gran numero, frotta’, ma non c’è nulla da temere, quasi tutto quello che ho detto resta valido. Ora, ho fatto notare che in gr. esisteva speĩra ‘avvolgimento, cercine’ accanto, però, anche spyrís,-íd-os ‘cestello, paniere’, una ‘rotondità’ o ‘cavità’ dunque. Anche gr. spyrás, -ád-os significava in effetti ‘sterco, pallottoline di capra o pecora’. Esistevano forme aspirate parallele a queste ultime come sphyr-ís,-íd-os ‘cestello ecc.’ e anche gr. sphaĩr-a ‘sfera, palla, cesto (per il pugilato), pillola’ di cui ho già detto.
 
   Ora in ingl. esiste il termine sward ‘tappeto d’erba sul terreno’ chiamato anche turf ‘tappeto erboso, zolla, apparentato con ant. germanico zurba ’tappeto erboso, zolla’, una radice che mi ricorda molto il lat. turb-a(m) ‘turba, folla, moltitudine, massa, mucchio’ nel suo valore di fondo di rotondità, avvolgimento. E la zolla è una ‘massa di terra’ come il tappeto è qualcosa che copre e quindi avvolge; infatti in lingue germaniche la radice di sward indica spesso la ‘pelle, cotenna’, termine, quest’ultimo, che richiama il lat. cut-e(m) ‘cute, pelle’, l’ingl. hide ‘pelle,cuoio’, il verbo  ingl. to hide ‘nascondere, celare, mascherare’ (riconfermando così il valore di copertura, avvolgimento), il gr. kéuth-ein ‘nascondere, occultare’, il gr. kýt-os ‘cavità, volta, inarcamento, vaso, involucro, pelle’.  Ma non abbiamo finito.  Questi significati di nascondere, occultare generano, secondo me, quello di oscurare, e quindi annerire. Infatti, ritornando alla radice swardzolla, tappeto erboso, ciuffo’ ci accorgiamo che gli ingl. swart, swarth e swarthy significano ‘scuro di carnagione’ e il ted. schwarz significa ‘nero’.  La radice circolava anche su suolo italico nel lat. sord-es < *sword-es ‘sporcizia, gramaglie (abito nero)’.  E così ritorniamo all’abruzz. sbàrdë ‘branco, stormo’ dove la radice ripresenta il valore di ‘turba, mucchio, massa’. La parola indica significati diversi ma tutti riannodabili allo stesso generico significato di fondo. Amen.











[1] Cfr. Q. Lucarelli, Biabbà Q-Z, Grafiche Di censo, Avezzano-Aq, , 2003.

[2] Cfr. D. Bielli, Vocabolario abruzzese, A. Polla editore, Cerchio-Aq, 2004.

[3] Cfr. D. Bielli, cit.       


                             
    

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