Era un arnese di legno o ferro simile
ad un rastrello, ma senza denti, che aveva vari usi: stendere il grano messo ad
asciugare, tirare fuori la brace dal forno, ecc.
Il termine presenta molte varianti a seconda dei luoghi: rëtràbbëlë, rëtràvëlë, rëtràngulë, retrào,
ratavìddë (nel
Gargano), rutavello (Reino,
Bn.).
Secondo me la base di partenza di questo termine è costituita dal lat. ruta-bul-u(m) ‘paletta del fornaio’ ma anche
‘membro virile’ e dal lat. rut-ell-u(m) ‘rasiera, paletta per spianare i mucchi di grano’. Forse la radice rut- richiama l’ingl. rod
‘bacchetta, verga, bastone, sbarra’, ted. Rute bacchetta, verga, pertica (antica
misura agraria)’ riferita in questo caso al lungo manico di legno, spesso
ricurvo. Radice che è chiaramente espressa, però, solo nelle due voci rata-vìddë del Gargano e ruta-vello del Beneventano.
Ora rata-vìddë
<*rata-vìllë mi sembra un incrocio tra lat. ruta-bul-u(m) e lat. rut-ell-u(m, con in più l’assimilazione
della –u- di ruta-
alla –a- successiva e lo spostamento dell’accento tonico sulla –i-. Tutte le restanti forme dialettali
presentano una parte iniziale che suona rëtra- al posto dell’atteso reta-, ruta- e simili. Come mai? Evidentemente vi è stato un disturbo di
qualche altra voce come quella di Trasacco che suona rëtràvië[1]. Il quale indicava la “trave o il tronco d’albero che veniva trascinato giù dl monte per farne travi per il
tetto, il pagliaio o per le stnghe del carretto”. Indicava anche una sorta di spazzaneve rustico
composto di robuste assi unite a formare una A, con la punta atta a penetrare
nella neve e scansarla ai lati. Ma, buon ultimo, designava anche il nostro rëtràvëlë,
strumento multiuso di cui abbiamo già parlato.
E’
quindi a mio avviso dimostrato che il lat. ruta-bul-u(m) ‘paletta del fornaio’
si è qui incrociato da una parte con il lat. trab-e(m) ‘trave, albero, mazza’ ad indicare il lungo manico dello
strumento, dall’altra con la radice del lat. trah-ĕre ‘trarre, trascinare’ in riferimento anche all’azione di trarre dal forno la brace o di spandere
i cereali.
La
forma rëtr-àngule è
probabilmente dovuta all’influsso dell’aggettivo gr. ankẏlos ‘curvo, ricurvo’
in riferimento al fatto che spesso il manico di ferro del tirabrace era ricurvo[2]. Naturalmente deve esserci stato anche l’incrocio con l’it. trappola per quanto riguarda le varie
forme simili a rë-trap(p)ëlë, senza apparente motivazione.La forma retrào
(Magliano dei Marsi) è un accorciativo che ha subito questa trafila: *retràvolo>
retràolo >retrào.
Le
parole, data la loro antichità, spesso si incrociano con altre, confondendo
facilmente la mente di chi le indaga.
[1] Cfr. Q.
Lucarelli, Biabbà Q-Z, Grafiche Di
Censo, Avezzano-Aq, 2003.
[2] Cfr. D.
Bielli, Vocabolari abruzzese, A.
Polla editore, Cerchio-Aq 204, s.vo.
retràpele.
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