E’ una voce che ad Aielli-Aq ed altrove in
Abruzzo indica il frutto ovoidale rosso della rosa canina o rosa di macchia. Essa va suddivisa, credo, in caca-vàscë; nel primo membro pare richiami
la radice di sscr. cakra ‘ruota’, gr. kẏkl-os ‘cerchio, ruota, rotondità’ e nel secondo membro la radice di
lat.
vas ‘vaso’ in quanto cavità,
significato speculare di protuberanza, rotondità: il lat. vas-cul-u(m), oltre a ‘vasetto’, significa ‘capsula, tegumento (di
semi)’. La radice deve essere antichissima, preistorica: non è azzardato collegarla col giapponese kaki 'cachi', il frutto sferico e dolce proveniente da quel paese. Bisogna considerare anche il lat. cachry 'seme del rosmarino', 'bacca', 'granellino nel seme del finocchio marino', gr. kakhrys 'orzo, gemma',
Nel
dialetto di Camarda-Aq la voce cuccuru-mmella vale ‘frutto della rosa canina’. La componente cuccuru richiama l’aiellese cucher-όmmë ‘tumefazione sulla testa, per aver
subito una percossa o contusione’, aiellese cucher-ùzzë ‘cocuzzolo’, anch’esso una sorta
di protuberanza. Il termine è certamente preromano, si ritrova
infatti in Sardegna col valore di ‘cima di colle o monte’ oppure di ‘colle o
monte' tout court, o anche di ‘testa’. In basco kukur significa ‘cima’. Il membro –mmella
rimanda ad una radice prelatina mel, mello col valore di ‘colle’, presente
anche nella Bibbia, mi pare di ricordare.
Ma essa richiama direttamente la bacca
o coccola della rosa canina, nel secondo membro di termini dialettali abruzzesi come garza-mellë ‘ugola’, presente nel vocabolario
abruzzese del Bielli dove si incontra anche
cucuru-mìĕ (forse da cucuru-mile) ‘gheriglio’: la radice indicava
quindi qualsiasi cosa rotondeggiante,
rigonfia, compreso un essere vivente
piccolo e tarchiato come un ‘nanerottolo’, o una ‘donna bassa e lenta nei movimenti’,
concetti espressi dalla voce abruzzese cucuru-mmellĕ, già incontrata col significato di ‘frutto di rosa canina’,
ma che nel vocabolario del Bielli presenta i detti significati. Donna lenta nei movimenti perché mai?
Per incrocio con la radice del verbo greco méll-ein ‘essere in procinto di fare qualcosa’ ma anche ‘indugiare,
tardare a fare qualcosa’.
In
alcuni paesi della Marsica (Luco dei Marsi, Avezzano, Rocca di Botte) il frutto
in questione viene chiamato ratta-cùlë o ratta-cùjë , che significa
letteralmente ‘gratta culo’. I soliti
specialisti sostengono che questo nome sia dovuto al potere astringente del
frutto della rosa canina, ma io nella mia infanzia non ho visto nessuno
mangiare queste bacche in abbondanza, perché esse contengono una sorta di
chicchi spinosi immangiabili. Addirittura Mauro Marzolini di Rocca di Botte,
definendo il lemma rattacùju, nel suo
libro “…me ‘nténni?” usa le testuali
parole ‘bacca velenosa”. Evidentemente nessuno a Rocca di Botte mangiava di
quelle bacche. Ad Aielli, per curiosità, qualcuno ne mangiava una o due° il sapore era asprigno, piuttosto picevol per la verità. Intanto
il monte Gratta-culo (in
dialetto sarà sicuramente Ratta-culo), nel massiccio del Pollino in Calabria, se la ride sotto i
baffi non sentendo alcun prurito astringente!
Ma,
soprattutto, gli specialisti non hanno riflettuto sul fatto che ad Ovindoli-Aq
la bacca in questione è chiamata battë-culë, còè ‘batticulo’, termine che non
può in alcun modo alludere al potere astringente di essa. In italiano infatti
il batticulo indica una delle due
falde del vestito da cerimonia, oppure una danza in cui i partecipanti battono
vicendevolmente le natiche.
Ora,
a mio modesto avviso, il primo membro di ratta-culo, richiama non il verbo grattare
di ascendenza germanica, ma solo la radice di ted. Rad ‘ruota’, mentre il
secondo membro si riallaccia all’ant. slavo kolo ‘ruota’, lat. col-ĕre ‘coltivare (la terra)’ nel senso di
rivolgerla, all’ingl. wheel
‘ruota’, ecc. Inoltre credo che la
radice abbia a che fare con il secondo membro del citato lat. vas-cul-u(m)
‘vasetto, capsula’, in quanto anche queste forme diminutive erano secondo me,
all’origine, normali radici tautologiche rispetto a quella considerata come
base. La radice –cul- si ritrova a mio
avviso anche nel gr. kyll-όs ‘curvo’, nel primo membro di gr. kyl-oidiá-ein ‘essere gonfio sotto gli occhi (per sensualità amorosa),
primo membro il cui significato è ripetuto tautologicamente nel secondo, che
vale ‘gonfiarsi’.
Anche il lat. mus-cul-u(m) ‘muscolo’ non va inteso come metafora del
significato di ‘topolino’ da mus, mur-is ‘topo’. Il membro –cul- è quello di cui stiamo
parlando e vale ‘rigonfiamento’, come il primo membro mus- che non vale ‘topo’, ma tautologicamente
significa ‘rigonfiamento’ come nel gr. mysi-á-ein ‘essere sazio’,
in cui la componente –á- corrisponde al gr. á-ein ‘saziare, saziarsi’. Come si sa anche in greco mẏs, όs significa sia ‘topo’ che ‘muscolo’:
fa pensare solo un po’ che il greco non
usi il diminutivo myiídi-on ‘topolino’
come fa il latino con mus-cul-u(m) ‘topolino’. Un'altra
voce abruzzese per 'rosa canina', riportata dal Bielli, è proprio caca-mùsce,
la cui prima componente rimanda alla prima del suddetto caca-vàsce, la seconda è
la copia palatalizzata della radice mus- testè analizzata, che vale
'rigonfiamento'. Naturalmente c’è stato l’incrocio con l’aggettivo dialettale muscĕ
‘moscio’.
Buon
ultimo ecco la voce caca-mmàni
‘ciclamino’ del dialetto di Rocca di Botte-Aq. in cui ricompare la radice caca-
ad indicare i tuberi globosi del
ciclamino, termine dal greco kyklá-min-os ‘ciclamino’ la cui prima componente è strettamente connessa
col gr. kẏkl-os ‘cerchio,
ruota, rotondità’, e la seconda, che mi
pare un variante di –mmàni, richiama
il lat. min-as ‘merli di un
edificio’, quindi ‘protuberanze’ come il termine siciliano minna, menna ’mammella’. Il lat. man-u(m) significa anche ‘pugno d’uomini, schiera’, dando l’idea di
“massa, mucchio” e quindi di ‘rotondità’. Anche il lat. mann-a(m) ‘granello’ potrebbe essere utile, dato che un granello, per
quanto piccolo, è sempre una rotondità.
In tedesco Il frutto della rosa canina è chiamato Hage-butte, letteralmente ‘coccola (-butte) della siepe (Hage-). Il secondo membro –butte è variante, a mio parere, del primo membro della voce di Ovindoli battë-culë, mentre il primo membro Hage- era lo stesso del primo membro di abruzzese caca-vascë di cui sopra. Che Hage- in questo caso è una copertura di altra radice ce lo dice lo stesso ted. Hag-el che significa grandine, la quale consiste in chicchi, globetti di ghiaccio. Ma che Hage- (recinto, siepe) sia altra radice è tutto da dimostrare, in quanto un recinto risponde pienamente al concetto di “rotondità” in cui rientra anche la grandine.
Anche da questo brano risulta che i linguisti si fanno ingannare troppo
spesso dai significati apparenti considerati come originari.
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