La chiocciola in Abruzzo è chiamata in genere ciammarùca, ciammarìca, ciammaìca con qualche altra variante come ciammarìchë-ruchë[1] oppure ciamm-òtta [2](Aielli-Aq),
voce, quest'ultima, ormai caduta dall’uso; ad Aielli resiste ancora ciammarùca. Prima di
addentrarmi nella discussione dell’etimo vorrei far notare che la variante ciamma-ìca, più che causata da una
ingiustificata caduta della consonante /r/ forse presuppone una precedente forma
*ciammalìca da ciammarìca (lo scambio r/l è
abbastanza diffuso) poi palatalizzatasi in ciammajica
> ciammaìca. La forma ciammarichë-ruchë è certamente un po’ singolare, ma secondo me essa attesta
la forte tendenza tautologica della Lingua, la quale forma le parole, saldando
insieme due o più radici tautologiche.
In altri termini in qualche parlata esisteva la parola *ruca per ‘chiocciola’ o ‘animaletto in
genere’ che viene automaticamente aggiunto, in virtù di quella tendenza,
all’elemento o agli elementi che componevano già la parola ciammaruca. Non sto parlando naturalmente di ieri, ma di un numero
indeterminato di secoli fa. Anche
l’aiellese desueto ciamm-otta suona un
po’ stonato nel concento dei molti dialetti con ciammaruca. Vedremo che invece un suo preciso significato ce l’ha.
Ora, per spiegare la forma standard ciammaruca non si può prescindere a mio
avviso dal prendere atto che in Campania, Calabria ed altrove si incontra la
voce maruzza
‘chiocciola’ e maruzz-ella
( a Napoli) ‘chiocciola’, da un precedente *marucea
che rimanda alla voce delle glosse maruca
‘chiocciola’. Ora, proprio questo
termine credo sia andato a saldarsi con un precedente *ciama, *ciamma dando
come esito, per aplologia (semplificazione dissimilativa), l’abruzz. ciam-maruca: dall’espressione italiana domani mattina si è passati, ad esempio, a do-mattina con la caduta di –mani. A Lucca la parola lammarìca significa ‘lumaca’, evidente fusione semplificativa tra lumaca e marica ‘lumaca’, con assimilazione della /u/ alla /a/ della sillaba
seguente. Che questo sia avvenuto anche
per ciammaruca me lo conferma,
inoltre, la voce dialettale aiellese,
sopra citata, di ciamm-otta
‘chiocciola’, che appare come diminutivo del *ciamma da me supposto. La
voce it. ruca o ruga, che nel caso di ciam-maruca non è stata forzatamente
ricavata dalla parte finale della parola in questione, deriva dal lat. eruc-a(m) ‘bruco delle farfalle e dei
millepiedi’’. L’abruzz. ciammarica-ruchë, sopra citato, fa anche
ipotizzare che, nella parlata da cui la parola è stata presa dal Bielli, ciammarica- potesse aver significato in
antico proprio ‘bruco’, significato poi travolto da quello diffusissimo di ‘chiocciola’. In effetti in greco la parola
ký-am-os oltre al significato di ‘fava’ aveva
anche quello di ‘centopiedi’. La radice
credo sia la stessa del supposto *ciamma e della prima componente di *ciamma-maruca > ciammaruca. Io sono del
resto sempre convinto che il significato originario di questi nomi fosse quello
di ‘animale, essere vivente’. Per lo
stesso ingl. snail ‘chiocciola’ è
storicamente attestata l’identica radice di snake
‘serpente’ e di ted. Schnecke ‘chiocciola’. L’inglese obsoleto snail vale ‘bruco’. Chiarisce
il concetto anche l'abruzzese ciamma-ràgne 'ragno'[3]
che è possibile scomporre anche in ciamm-aràgne, dato
il lat. arane-u(m) 'ragno'.
Incredibilmente e miracolosamente mi conferma l’assunto una cantilena
una volta usata ad Avezzano-Aq e rivolta alla ciammaruca. Essa suona: Isce, isce, ciammaruca/dimme addό sta la
criatùra! (Esci, esci lumaca/ dimmi dove si trova il
bambino!)[4].
Nonsense! si esclamerà giustamente, ma un senso c’è sempre in questi
casi, e come! Solo che bisogna rintracciarlo tra le pieghe e i significati di
parole in uso chissà quando, sicuramente millenni e millenni fa, sconfinando
anche nella preistoria. Per fortuna qui arriviamo solo al greco. In greco il termine ký-ēma, dorico ký-ama, significa ‘rigonfiamento, feto’, Anche il significato di
‘fava’, insieme a questi ultimi, deriva dal verbo ký-ein (ein)‘gonfiar(si),
essere incinta’, presente anche nel lat.
in-ci-ent-e(m) ‘incinta,
gravida’. L’aggett. incinta, quindi,
non significa ‘senza cinta’, visto che le donne, nel periodo della gravidanza, sono portate a
indossare vesti senza una cinta, per
stare più comode. Allora, stando così le
cose, cominciamo ad accorgerci che la creatura,
nel contesto della cantilena, una spiegazione la trova, nel senso che essa è
stata indotta nel discorso proprio dal termine ciammaruca, che
all’origine era *ciam(m)a- maruca:
la componente *ci-am(ma) del termine
significava evidentemente, anche nella lingua usata da chi tanto tempo fa recitava la cantilena, proprio ‘creatura,
feto’ e giustamente si chiede e chiede alla *ci-amma-maruca dove stia il bambino. E’ sempre un
discorso poco sensato, ma perlomeno ci fa toccare con mano come in esso le
parole fondamentali non siano una pura e cervellotica invenzione, ma sono
suscitate proprio dalle stesse parole impiegate, simili o uguali formalmente ad
altre, ma dai significati spesso molto diversi, giustificabili soprattutto
quando si pensa al molto tempo che passa tra l’uno e l’altro locutore. In questi racconti mitici è come se la
Lingua stessa ci volesse aiutare ad arrivare all’etimo di una parola. Che
meraviglia!
Ma
bisogna anche ricordarsi che ciammaruca
non poteva non incrociarsi con parole indicanti il guscio, la cavità, e
infatti la maruca suddetta in napoletano vale anche ‘ricciolo’, concetto
adeguatissimo a generare quelli di ‘copertura, avvolgimento, spira’ attinenti
al guscio della chiocciola. L’abruzz. marrë, marrùccë[5] indica
le interiora di agnello o capretto avvolte insieme dalle budella e arrostite
allo spiedo. Sono chiamate, con termine parlante, anche turcënèllë (da torcere). Per il componente -ruca basta pensare al lat. rug-a(m) ‘ruga, grinza, madrevite’ e al fr.
ruche
‘alveare’, significati che esprimono un’idea di cavità, avvolgimento. Per
il componente *ciamma l’idea di rotondità e, quindi, di cavità è suggerita dal suo significato
di ‘rigonfiamento’. Il significato di
‘ragazza vivace e simpatica’ del napoletano
maruzzella (titolo
dell’indimenticabile canzone di Renato Carosone, che allietò la mia
adolescenza) forse presuppone una forma simile al gr. meiráki-on ‘giovincello, giovane’, spesso ‘camerata, compagno di scapataggini’ secondo il vocabolario
del Gemoll.
La
parola ciammaruca cominciò a
tormentarmi fin da quando ero uno studentello delle Medie. Successivamente le
altre etimologie proposte mi lasciavano insoddisfatto. Finalmente alcuni anni fa
mi balenò l’idea giusta ma per arrivare a quello che ho detto sopra ho dovuto
impegnarmi abbastanza, con l’aiuto naturalmente della filastrocca di Avezzano,
rivolta alla ciammaruca. In tutte le cose ci vuole sempre un po’ di fortuna.
[1] Cfr. D.
Bielli, Vocabolario abruzzese, A.
Polla editore, Cerchio-Aq, 2004.
[2] Cfr.
Cfr. il glossarietto della Crestonta,vraccolta
di poesie dialettali di G. Gualtieri, edizioni dell’Urbe 1984.
[4] Cfr. U.
Buzzelli G. Pitoni, Vocabolario del
dialetto avezzanese,(non è indicata la casa editrice), 2002.
Salve, nel mio paese “ Teggiano “ (Sa) si trova il Castello dei San Severino. Una delle torri è chiamata “ la Cimmaruca “. Salve
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