mercoledì 15 maggio 2019

La ciammaruca



      

    La chiocciola in Abruzzo è chiamata in genere ciammarùca, ciammarìca, ciammaìca con qualche altra variante come ciammarìchë-ruchë[1] oppure ciamm-òtta [2](Aielli-Aq), voce, quest'ultima, ormai caduta dall’uso; ad Aielli resiste ancora ciammarùca. Prima di addentrarmi nella discussione dell’etimo vorrei far notare che la variante ciamma-ìca, più che causata da una ingiustificata caduta della consonante /r/ forse presuppone una precedente forma *ciammalìca da ciammarìca (lo scambio r/l è abbastanza diffuso) poi palatalizzatasi in ciammajica > ciammaìca.  La forma ciammarichë-ruchë è certamente un po’ singolare, ma secondo me essa attesta la forte tendenza tautologica della Lingua, la quale forma le parole, saldando insieme due o più radici tautologiche.  In altri termini in qualche parlata esisteva la parola *ruca per ‘chiocciola’ o ‘animaletto in genere’ che viene automaticamente aggiunto, in virtù di quella tendenza, all’elemento o agli elementi che componevano già la parola ciammaruca. Non sto parlando naturalmente di ieri, ma di un numero indeterminato di secoli fa.  Anche l’aiellese desueto ciamm-otta suona un po’ stonato nel concento dei molti dialetti con ciammaruca. Vedremo che invece un suo preciso significato ce l’ha.
 
  Ora, per spiegare la forma standard ciammaruca non si può prescindere a mio avviso dal prendere atto che in Campania, Calabria ed altrove si incontra la voce maruzza ‘chiocciola’ maruzz-ella ( a Napoli) ‘chiocciola’, da un precedente *marucea che rimanda alla voce  delle glosse maruca ‘chiocciola’.  Ora, proprio questo termine credo sia andato a saldarsi con un precedente *ciama, *ciamma dando come esito, per aplologia (semplificazione dissimilativa), l’abruzz. ciam-maruca: dall’espressione italiana  domani mattina si è passati, ad esempio,  a do-mattina con la caduta di –mani.  A Lucca la parola lammarìca significa ‘lumaca’, evidente fusione semplificativa tra lumaca e marica ‘lumaca’, con assimilazione della /u/ alla /a/ della sillaba seguente.  Che questo sia avvenuto anche per ciammaruca me lo conferma, inoltre,  la voce dialettale aiellese, sopra citata, di ciamm-otta ‘chiocciola’, che appare come diminutivo del *ciamma da me supposto.  La voce it. ruca o ruga, che nel caso di ciam-maruca non è stata forzatamente ricavata dalla parte finale della parola in questione, deriva dal lat. eruc-a(m) ‘bruco delle farfalle e dei millepiedi’’.  L’abruzz. ciammarica-ruchë, sopra citato, fa anche ipotizzare che, nella parlata da cui la parola è stata presa dal Bielli, ciammarica- potesse aver significato in antico proprio ‘bruco’, significato poi travolto da quello diffusissimo  di ‘chiocciola’. In effetti in greco la parola ký-am-os oltre al significato di ‘fava’ aveva anche quello di ‘centopiedi’.  La radice credo sia la stessa del supposto *ciamma  e della prima componente di *ciamma-maruca > ciammaruca.  Io sono del resto sempre convinto che il significato originario di questi nomi fosse quello di ‘animale, essere vivente’.   Per lo stesso ingl. snail ‘chiocciola’ è storicamente attestata l’identica radice di snake ‘serpente’ e di ted. Schnecke ‘chiocciola’. L’inglese obsoleto snail vale ‘bruco’. Chiarisce il concetto anche l'abruzzese ciamma-ràgne 'ragno'[3] che è possibile scomporre anche in ciamm-aràgne, dato il lat. arane-u(m) 'ragno'.

       Incredibilmente e miracolosamente mi conferma l’assunto una cantilena una volta usata ad Avezzano-Aq e rivolta alla ciammaruca. Essa suona: Isce, isce, ciammaruca/dimme addό sta la criatùra!  (Esci, esci lumaca/ dimmi dove si trova il bambino!)[4].  Nonsense! si esclamerà  giustamente, ma un senso c’è sempre in questi casi, e come! Solo che bisogna rintracciarlo tra le pieghe e i significati di parole in uso chissà quando, sicuramente millenni e millenni fa, sconfinando anche nella preistoria. Per fortuna qui arriviamo solo al greco.   In greco il termine ký-ēma, dorico -ama, significa ‘rigonfiamento, feto’, Anche il significato di ‘fava’, insieme a questi ultimi, deriva dal verbo -ein (ein)‘gonfiar(si), essere incinta’, presente anche nel lat. in-ci-ent-e(m) ‘incinta, gravida’. L’aggett. incinta, quindi, non significa ‘senza cinta’, visto che le donne,  nel periodo della gravidanza, sono portate a indossare vesti senza una cinta, per stare più comode.  Allora, stando così le cose, cominciamo ad accorgerci che la creatura, nel contesto della cantilena, una spiegazione la trova, nel senso che essa è stata indotta nel discorso proprio dal termine ciammaruca, che all’origine era *ciam(m)a- maruca: la componente  *ci-am(ma) del termine significava evidentemente, anche nella lingua usata da chi tanto tempo fa  recitava la cantilena, proprio ‘creatura, feto’ e giustamente si chiede e chiede alla *ci-amma-maruca dove stia il bambino.  E’ sempre un discorso poco sensato, ma perlomeno ci fa toccare con mano come in esso le parole fondamentali non siano una pura e cervellotica invenzione, ma sono suscitate proprio dalle stesse parole impiegate, simili o uguali formalmente ad altre, ma dai significati spesso molto diversi, giustificabili soprattutto quando si pensa al molto tempo che passa tra  l’uno e l’altro locutore.   In questi racconti mitici è come se la Lingua stessa ci volesse aiutare ad arrivare all’etimo di una parola. Che meraviglia!

   Ma bisogna anche ricordarsi che ciammaruca non poteva non incrociarsi con parole indicanti il guscio, la cavità, e infatti  la maruca suddetta in napoletano vale anche ‘ricciolo’, concetto adeguatissimo a generare quelli di ‘copertura, avvolgimento, spira’ attinenti al guscio della chiocciola.  L’abruzz. marrë, marrùccë[5] indica le interiora di agnello o capretto avvolte insieme dalle budella e arrostite allo spiedo. Sono chiamate, con termine parlante, anche turcënèllë (da torcere).  Per il componente -ruca  basta pensare al lat. rug-a(m) ‘ruga, grinza, madrevite’ e al fr. ruche ‘alveare’, significati che esprimono un’idea di cavità, avvolgimento. Per il componente *ciamma l’idea di rotondità e, quindi, di cavità è suggerita dal suo significato di ‘rigonfiamento’.  Il significato di ‘ragazza vivace e simpatica’ del napoletano  maruzzella (titolo dell’indimenticabile canzone di Renato Carosone, che allietò la mia adolescenza) forse presuppone una forma simile al gr. meiráki-on ‘giovincello, giovane’, spesso ‘camerata, compagno di scapataggini’ secondo il vocabolario del Gemoll.

    La parola ciammaruca cominciò a tormentarmi fin da quando ero uno studentello delle Medie. Successivamente le altre etimologie proposte mi lasciavano insoddisfatto. Finalmente alcuni anni fa mi balenò l’idea giusta ma per arrivare a quello che ho detto sopra ho dovuto impegnarmi abbastanza, con l’aiuto naturalmente della filastrocca di Avezzano, rivolta alla ciammaruca. In tutte le cose ci vuole sempre un po’ di fortuna.
   
    



[1] Cfr. D. Bielli, Vocabolario abruzzese, A. Polla editore, Cerchio-Aq, 2004.  

[2] Cfr. Cfr. il glossarietto della Crestonta,vraccolta di poesie dialettali di G. Gualtieri, edizioni dell’Urbe 1984.

[4] Cfr. U. Buzzelli G. Pitoni, Vocabolario del dialetto avezzanese,(non è indicata la casa editrice), 2002.

[5] Per marrùccë  cfr. D. Bielli, Vocabolario abruzzese, A. Polla editore, Cerchio-Aq, 2004.                                             

    


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