mercoledì 29 maggio 2019

La cornamusa




C’è poco da fare! Tutti gli etimologi vengono incantati dal suono caratteristico della cornamusa e, di conseguenza, ne danno una spiegazione sonora. Il termine verrebbe dall’unione dei due verbi francesi corner ‘suonare il corno’ e muser ‘suonare la cornamusa’ che, insieme, avrebbero generato cornemuser ‘suonare la cornamusa’.  In barba al fatto che le due componenti, come abbiamo visto in articoli precedenti, possono avere anche il significato di ‘cavità’ e riferirsi al caratteristico otre dello strumento.  L’incanto opera anche nella spiegazione dell’ingl. bag-pipe ‘cornamusa’ la cui componente –pipe, che ha diversi significati come ‘canna’ e ‘botte’, oltre a quello di ‘piffero’ viene riportata ad una radice sonora presente nel lat. pip-are ‘chiocciare’, lat. pipi-are ‘pigolare’, ecc.  La componente bag-  ‘ borsa, sacco’ non si è prestata ad una interpretazione sonora.  Anche in francese pipe ha il significato di ‘grossa botte’ oltre a quello di ‘pipa’. Il francese popolare pipel-et vale ‘portinaio’ e potrebbe alludere proprio alla porta in quanto cavità, buco. Naturalmente ci fu poi l’incrocio con radici corrispondenti formalmente ma con significato sonoro.

   Ma la denominazione più esilarante è quella di zi-peppe [1] ‘orinale (Toscana, Lazio, Campania, Abruzzo) che i linguisti non possono non attribuire alle numerose voci considerate scherzose: qui si indicherebbe un non meglio identificato zio Peppe!  In realtà si tratta, a mio avviso, sempre della stessa radice pip(p) con valore di ‘cavità, vaso’. Di zio parlerò fra poco. Esiste anche la variante romanesca don Pepp-ino per ‘orinale’; la componente don è, a mio parere, la stessa di ingl. tunn-el, fr. tonn-eau ‘botte’ di cui abbiamo parlato in articoli precedenti. Se essa provenisse da una forma dom (cfr. lat. dom-in-um ‘signore’) allora entrerebbe in ballo la radice dom- per ‘cavità’ di cui rimando agli articoli su san Domenico.

   Per la voce zio comincio col far notare che in toponomastica sono frequenti le denominazioni come Zia Maria (Aielli-Aq), Zio Angelino (Venere di Pescina-Aq), Zio Totò  (Ustica) riferite a grotte.

    Ma la cosa più interessante è l’esistenza di gr. dõ ‘casa’ considerata dai grammatici antichi come un’abbreviazione di dõma ‘casa’, lat. dom-u(m) ‘casa’. Ma già altri[2], prima di me, si erano accorti che questo dõ ’casa’ non aveva a che fare con dõma (questo, semmai, ne era, a mio parere, un ampliamento dovuto ad aggiunta di altra radice). Nel libro citato infatti (pag. 211, nota 176) si dice che probabilmente in origine il era un avverbio di luogo con il significato di «a» come suggerirebbe il lat. arc. en-do, in-du ‘in’.  Questo commento è, a mio avviso, esatto; solo preciserei che inizialmente il monosillabo in questione poteva fungere indifferentemente da avverbio o da sostantivo vero e proprio. Il monosillabo corrisponde all’ingl. to ‘a’, ted. zu ‘a’ e alle varie forme za, ze, zi registrate in area germanica. Ergo, lo zio suddetto dovrebbe rappresentare questo-avverbio-sostantivo ad indicare la cavità, della grotta o di qualsiasi vaso o recipiente.

   Altre considerazioni ci sarebbero da fare, ma, vi prego, abbuonatemele: al punto di conoscenza in cui mi trovo, mi basterebbe desumere subito da ogni termine, il significato giusto originario, senza tema di sbagliare e senza dover più sottopormi alla ricerca di conferme. Grazie.





[1] Cfr. Cortelazzo-Marcato, I dialetti italiani, UTET, Torino, 1998
[2]  Cfr. Heubeck- West, Omero, Odissea libri I-IV, Arnaldo Mondadori edit,1990.

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