Il torrente Tav-àna a Lecce nei
Marsi-Aq è un altro bell’esempio della radice idronimica tew-, taw-,
tu-,
di cui ho parlato nell’articolo precedente.
Da ricordare anche il fiume abruzzese Tavo che sorge nel Gran
Sasso nei pressi di Campo Imperatore. Ad Ortona dei Marsi-Aq si incontra una
fonte Dav-ina che
certamente si alimenta della stessa radice anche se presenta la dentale sonora,
la quale potrebbe essere stata causata dall’incrocio col personale femminile Davina. Lungi da me la tentazione di
collegare il nome della fonte a questo antroponimo, come fanno abbastanza
spesso i linguisti senza starci a pensare due volte. Nemmeno se nella tradizione popolare esistesse
un accenno o una storiella, come spesso succede, che parlasse di qualche donna
Davina in rapporto con la fonte cadrei ingenuamente nel trabocchetto di
derivare l’idronimo dall’antroponimo: è quasi sempre il contrario: sarebbe la
storiella a svilupparsi lentamente dall’idronimo attraverso secoli e millenni.
Il torrente Tav-er-one nella
Lunigiana richiama automaticamente anche il torrente Tev-er-one in Umbria nonché il Tev-er-one, altro nome del fiume
Ani-ene.
Se è così, non può non essere chiamato in causa anche il nome del Tev-ere stesso, che già gli Etruschi
chiamavano Thybr-is, secondo Virgilio.
E che dire di fonte della Tav-ola in quel di Carsoli-Aq. e di fonte
Tav-ol-oni nel territorio del comune
di Ovindoli-Aq? Chissà quante altre ce ne saranno sparse in tutta Italia! I linguisti
solitamente non credono all’importanza di queste sfilze di nomi che significano
la stessa cosa (in questo caso ‘fonte, sorgente, ecc.’) perché le stesse sfilze
potrebbero indicare altre entità naturali come colli e monti. Esiste,
infatti, il monte Tav-ola (Parma) e il colle
Tav-ola a Leonessa-Ri. Ma, vivaddio! secondo me è solo un caso che
l’appellativo sorgente venga riferito in italiano solitamente ad una fonte: avrebbe potuto ugualmente
indicare un colle o monte, avendo tutte le carte in regola
per farlo. Riflessioni terra terra che comunque conducono sempre a quel
significato generico di fondo di ogni radice, da cui si dipartono le varie
specializzazioni: Il monte, come dice
la sua stessa radice, è qualcosa che si
protende, sporge, tanto è vero
che la sua radice indica anche il mento
e persino il lat. ment-ul-a(m)’membro
virile’! In sostanza, agli occhi e alla mente dell’uomo che iniziò a parlare,
il monte non era altro che una forza,
un’entità che spingeva verso l’alto, come una fonte è una forza o entità
che spunta, sorge, fuoriesce e si diffonde.
Per me il verbo lat. man-are ‘sgorgare, colare, scorrere’ presenta una radice da
considerare, a mio parere, come variante di quella del lat. min-ēre ‘sporgere’, di cui, a sua volta, è variante da tutti riconosciuta
quella del lat. mont-e(m) ‘monte’,
con ampliamento in –t-.
La radice ta-w- è secondo me apparentata con quella di lat. tab-e(m) ‘tabe, liquido che cola,
putredine, marciume’ e di lat. tab-u(m) ‘marcia, pus, sangue corrotto’ derivante quindi dall’idea di
“sciogliersi, corrompersi, decomporsi”,
variante del gr. tḗk-ein (dorico ták-ein) ‘scioglier(si), liquefar(si)’. In fondo, il significato era
quello di colare, scorrere di cui avevo parlato nel
precedente articolo a proposito di gr. thé-ein ‘correre, scorrere’. Un
bel compagno di queste parole è l’ingl. thaw ‘disgelo, scioglimento,
dissolvimento’ nonchè il sscr. toyam ‘acqua’. Insomma, si constata che da una stessa radice
più o meno monosillabica taw-, tev-, tu-,ecc.
si dipartivano diversi derivati come tam-,
tum-, tak-, tab- e forse altri.
Infine, non è da credere che le terminazioni –one (f.me Tev-er-one), -ina (f.te Dav-ina) siano appunto dei
suffissi la cui funzione sarebbe quella di specializzare il semantema della
parola. Esse sono in realtà costituenti tautologiche con lo stesso significato dell’elemento
radicale: per convincersene basta fare attenzione al nome del fiume Ani-ene in cui si ha una radice raddoppiata
che doveva indicare il fiume stesso o
il corso d’acqua o l’acqua stessa. Ad Arsoli-Rm, infatti, paese lungo il corso
dell’Aniene, si incontra una fonte Un-ica, con il primo membro variante dei suddetti pseudosuffissi e
corrispondente al termine umbro delle Tavole Iguvine une ‘acqua’. Inoltre
anche in accadico enu valeva ‘fonte’, come nel semitico ain ‘fonte’ e nel fenicio
an
‘fonte, rivo’. In islandese, lingua scandinava, la voce ain
significa proprio ‘fiume’. Un affluente del Rodano in Francia è chiamato Ain.
Credo di non sbagliarmi se suppongo che l’aggettivo lat. font-an-u(m) ‘di fonte’
sia derivato da un originario sostantivo *font-an-u(m) o *font-an-a(m) con i due
membri tautologici per ‘sorgente’. Anche
se font-an-a(m) ‘fontana’ appare tardivamente in latino. Da tener presente, per lo pseudosuffisso,
anche l’it. pant-ano.
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