Solitamente il verbo abbronzare
viene messo in rapporto dai linguisti col sostantivo bronzo per via del colore
simile a quello del bronzo che la pelle dell’uomo prende con l’esposizione ai
raggi solari.
Ora mostrerò come, invece, sia il termine bronzo sia il verbo abbronzare
indichino in realtà direttamente i loro significati senza che uno di essi debba
essere considerato metafora dell’altro: ho detto spesso che la Lingua
preferisce questo rapporto diretto con le cose da nominare, e che spesso solo
la nostra miopia ci impedisce di scoprirlo.
Esiste un it. bronza ‘brace accesa’, che si
ritrova anche in molti dialetti, derivato da una forma germanica (probabilmente
gotica) corrispondente al ted. Brunst ’fiamma, ardore’, legato a
sua volta alla radice del verbo brunn-en ‘bruciare, ardere’. Ora,
come tutti sappiamo, il bronzo è una
lega metallica di rame e stagno, ottenuta per fusione dei due elementi
attraverso il calore, come altre leghe.
Si dà inoltre il caso che nel
dialetto molisano di Baranello-Cb la voce vronza (bronza) indichi la ‘saldatura’, significato che deriverà senz’altro
da quello di ‘brace accesa’ o simili dell’it. bronza di cui sopra. Ora, sia per ottenere una lega
metallica sia per ottenere una saldatura c’era bisogno di raggiungere una
temperatura alta: quindi questo processo è naturale che spesso prendesse il
nome da quello del fuoco o del riscaldamento necessario per
l’operazione, come è avvenuto per l’ingl. weld ‘saldare’, alterazione del
medio ingl. well-en ‘bollire,
saldare’, e quasi sicuramente per l’ingl. brass ‘ottone’, un’altra lega tra
rame e zinco. Questo ingl. brass
può essere apparentato col verbo fr. brass-er ‘mescolare, fare la
birra’, che implica un rimestare e ‘fermentare’, ma anche col verbo fr. bras-er ‘saldare a fuoco’, radice che
ricompare nell’it. bras-are ‘cuocere sulla
brace, arrostire’ ma anche ‘saldare’, e nello svedese brasa ‘fuoco’.
Nel medio inglese la distinzione tra bronzo ed ottone non era chiara:
entrambi erano chiamati bras.
L’abbronzatura, quindi, non deve il suo nome a quello del bronzo
(il cui solito etimo, che arriva fino al persiano, è piuttosto strampalato a
mio parere) per il semplice motivo che il suo colore, anche se simile al bronzo,
le viene dal calore del sole e non da altro.
Le voci bronza e bronsa
indicano, nel settentrione d’Italia, anche una loffa più o meno smorta (come la
brace sotto la cenere) ma debbono il nome allo sconvolgimento, agitazione,
ribollimento e spinta provenienti dagli
intestini, simile all’agitazione
della fiamma del fuoco.
L’it. sbronza contiene tutta l’accensione dei carboni ardenti perchè essa indica appunto l’ebbrezza, l’eccitazione delirante dell’animo provocata dall’alcol
ingurgitato. Anche l’it. sbornia è della stessa pasta: oltre
alla solita –s- perfettiva richiama direttamente l’ingl. burn ‘bruciare, ardere’,
metatesi di ted. brunn-en ‘bruciare,
ardere’. Apparentemente le cose coinvolte
sembrano inconciliabili, ma questa è la Lingua: una radice abbraccia concetti
sempre più distanti tra loro, a mano a mano che la si libera dai significati
specifici acquistati strada facendo.
A suggello di tutta la questione cito il termine botanico abbronzatura
che indica una malattia delle piante che le porta all’essiccamento. Un sinonimo è proprio bruciatura o brusone,
termine che suppone il verbo dialettale brus-àr ‘bruciare’, da una radice brus-, variante a mio avviso di svedese
bras-a di cui sopra.
Un linguista con i piedi per terra sarebbe dovuto partire da questi
significati relativi al bruciare per evitare
il falso collegamento abbronzare < bronzo.
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