In alcuni dialetti abruzzesi il granturco tostato o pop-corn viene chiamato spόsa[1], proprio come la donna che si promette a qualcuno o lo
sposa. Che relazione potrebbe esserci tra esse? I soliti ignoti pensano
naturalmente al candore del velo da sposa, simile a quello dei grani di mais esplosi in tutto il loro biancore.
Io amo poco i cosiddetti significati
figurati ed anche in questo caso suppongo che all’origine del termine sposa
‘granturco soffiato, tostato’ ci sia proprio il participio passato del verbo
latino ex-plod-ĕre ‘cacciar fuori, via(con rumore)’ che in italiano ha assunto
il significato di ‘esplodere, scoppiare’ col participio passato ex-plos-u(m)
‘cacciato via, fuori’.
Ora, una possibilissima forma
dialettale *splòsa ‘esplosa’, incrociata probabilmente col partic.
passato lat. ex-pul-s-u(m) con lo
stesso significato di ‘cacciato fuori, espulso’,e diventata quindi *spolsa
avrebbe potuto facilmente dare come esito sposa ‘esplosa, scoppiata’, e
indicare quindi a pennello il nostro pop-corn. Nei nostri dialetti, infatti, la liquida –l- anteconsonantica solitamente
sparisce come in pùze ‘polso’ da lat.
puls-u(m)’battito del polso’ o azà, azzà
‘alzare’ oppure genera altri fenomeni trasformandosi ad esempio in vocale –u- o in fricativa sonora –v- come
in àutĕ ‘alto’ o àvëtë
‘alto’.
Il fatto dell’esplosione ricompare anche
nell’altra voce dialettale šcuppë ‘chicco di granturco tostato’
che evidentemente richiama il verbo dialett. šcuppà ‘scoppiare’ o,
detto delle gemme, ‘sbocciare, schiudersi’. E che cosa vi può essere di più
prepotentemente esplosivo del fiorire degli alberi a primavera, stagione che
giustamente gli inglesi chiamano Spring,
termine legato al verbo ingl. spring
‘balzare, spuntare, zampillare, far esplodere, ecc.’. L’inglese ha mantenuto, in alcune radici,
significati generici prossimi a quello genericissimo originario.
Un’altra osservazione importantissima che ribadisce la plurivalenza dei
significati di un termine, come ho mostrato anche in altri articoli precedenti.
Nel Bielli, citato, si incontra il vocabolo scupp-ìllë ‘cartocci della pannocchia di granturco’ che richiama
certamente il sopra citato dialett. šcuppë ‘chicco di granturco
tostato’. C’è qualcosa di simile tra i due
vocaboli? Certamente sì, perché nel profondo sia il cartoccio sia il chicco
esprimono un’idea fondamentale di rotondità: ergo, la voce šcuppë
deve contenere un doppio significato, quello di ‘rotondità, chicco’ e quello di
‘scoppiato’, come abbiamo visto. Nella Lingua tutto si tiene, i significati e
le forme si intrecciano continuamente per vie palesi o sotterranee. Io penso, quindi, che questa radice, nel senso
di ‘rotondità, cavità’ debba essere la stessa del ted. Schopp-en ‘bicchiere’ o ‘misura di vino o
birra’, nonché del ted. Schupp-en ‘tettoia, capannone, rimessa’ e del ted. Schuppe ‘squama, scaglia’
con cui siamo tornati alla funzione del coprire
e avvolgere, espressa anche dal
precedente scupp-ìllë ‘cartoccio
di granoturco’.
Ma
non abbiamo finito, bisogna citare anche il gr. skýph-os ‘bicchiere, vaso
da latte’, i dialettali schifë, scifë, scif-élla indicanti vari recipienti, a volte
diversi di dialetto in dialetto. Si continua col gr. skáph-os ‘fosso, cavità, scafo della nave, navicella,ecc.’, col gr. skáp-t-ein ‘scavare’, gotico skab-an ‘radere, tagliare, tosare’, lat. scab-ĕre ‘raschiare, grattare’, ingl. shave ‘rader(si), far(si) la barba’, gr. skep-ánē ‘zappa, vanga’, gr. sképas
‘tettoia, inviluppo, copertura,
protezione’ dal concetto di “cavità”
come per il sopracitato ted. Schupp-en ‘tettoia, capannone’. L’idea di “raschiare, radere” comporta il
formarsi di un’idea collaterale di “premere, spingere” che dà origine a
significati come l’ingl. shove ‘spinta’, ingl. shov-el ‘pala’, ted. Schauf-el ‘pala’, ted. schub o schupf
‘spinta’ ma anche ted. schubb-en ‘grattare, strofinare’, ted. schubs-en, schupf-en,
schupps-en ‘spingere di qua e di
là’. A questo punto è bene ricordare il vallone Scaf-elli tra la fonte Cituro
sopra Collarmele-Aq e l’altopiano di Baullo. Non credo affatto che questo nome Scaf-elli, che indica appunto la cavità del vallone, sia stato portato da
queste parti da lingue e popolazioni greche, in un periodo più o meno storico:
esso, legato al terreno, deve essere retaggio di strati linguistici preistorici
come del resto la voce scafa che nei nostri dialetti indica
il ‘baccello, la fava’, delle rotondità
dunque.
Meraviglie della Lingua!
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