Il detto è del dialetto di Avezzano-Aq nella Marsica[1]. La vèspra o vèspera significa
‘vespa’, il noto insetto. Esse equivale ad ‘eccoti, ecco
costì’, sicchè il tutto significa ‘Eccoti la vespa: notizia pronta, a
disposizione’. Espressione che si usava tradizionalmente quando si
avvicinava una pettegola. Mi pare, comunque, che il modo di dire sia abbastanza
incongruo, se inteso alla lettera: che c’entra una vespa con le notizie che una donna pettegola è pronta a rivelare? Una vespa
potrebbe al massimo pungere qualcuno, ma non potrebbe avere tutta la voglia di parlare di una pettegola!
Faccio notare en passant che l’etimo di it. pettegola
risale al veneto petégolo ‘piccolo
peto’ e si riferisce all’incontinenza verbale della pettegola. Il latino ped-ĕre ‘scoreggiare’ e simili dovevano avere all’inizio il
semplice significato di ‘emettere aria’ anche dalla bocca per pronunciare
parole, per parlare.
Allora, secondo me, bisogna andare a spulciare tra i significati
dialettali e no di vès-pera, voce
abbastanza analizzata in precedenti articoli, per trovare possibilmente
significati utili al nostro scopo.
Abbiamo infatti incontrato già la voce vescia indicante la ‘loffa di lupo’, voce che, nella forma verbale vescià significa ‘alitare (del vento)’
nel dialetto di Luco dei Marsi-Aq[2]. Per la seconda componente di vès-pera bisogna pensare alla voce péra che in alcuni dialetti vale
‘scoreggia’ e a Trasacco-Aq vale ‘scoreggia di bambino’ e ‘piccola pernacchia’
prodotta a labbra serrate. Come si vede (detto anche questo en passant) la voce
doveva essersi incrociata certamente con qualche radice per ‘piccolo’, che ora
trascuro. La péra ‘scoreggia’ avrà qualcosa da spartire con gr. pérd-esthai ‘scoreggiare’.
Così stando le cose ritorna con forza l’ingl. vesper sparrow, vesper bird, un tipo di passero che canterebbe
alla sera, ma io mi permetto di credere che una simile definizione non regge:
il vocabolario Merriam-Webster registra
anche l’aggettivo vesper-ing usato da
un versatile giornalista-poeta-scrittore americano del Novecento, Thomas Moult,
che amava attingere anche a canti e versi popolari. La spiegazione di vesper-ing data dal vocabolario è ‘cantante
canzoni del vespro’; si riporta anche la frase del Moult che è “a
hush of vespering birds” che letteralmente significa ‘un silenzio di
uccelli che cantano alla sera’. Probabilmente lo scrittore voleva descrivere il
silenzio che cade improvviso quando gli uccelli cessano il loro canto serale o
il silenzio della natura nel quale
cantano gli uccelli la sera.
Allora la vèspra del detto avezzanese, come mi era sembrato, non può
davvero significare ‘vespa’ ma proprio qualcosa come ‘malalingua, pettegola’
che non rinuncia a dare fiato ai suoi
pettegolezzi. Ho più che un’impressione che dietro questa voce, sia avezzanese
che inglese, se ne stia nascosta la variante
ingl. whis-per ‘bisbiglio, mormorio, voce, malignità’. Il whisper-er è anche una
‘malalingua’. La lettera –h-
(proveniente da un’originaria -k-) era già presente nell’antico
inglese, e quindi sarebbe caduta nella parola precedente all’avezzanese vès-pera
‘vespa’, nel significato da me proposto di ‘pettegola’. E’ di una qualche importanza notare che anche
l’ingl. whis-tle ‘fischiare,
sibilare’ presenta un primo membro uguale a quello di whis-per ’sussurrare, bisbigliare’.
Il modo di dire avezzanese abbiamo visto che non avrebbe un significato
chiaro, se inteso alla lettera. I detti, come del resto le parole, nascono
spesso molto lontani dal presente, attraversano strati linguistici diversi, e
naturalmente si contaminano con altri significati, cosa che è avvenuta
certamente in Esse la vèspra:
notizia lèsta.
[2] Cfr. G. Proia, La parlata di Luco dei Marsi, Grafiche Cellini, Avezzano-Aq, 2006.
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