Del termine it. scoppola o scopola si dà solitamente un etimo che a
me non piace per niente a motivo della sua incongruenza con l’oggetto da
definire. Alla sua base ci sarebbe l’it. coppa
nel significato di ‘nuca’ e quindi la scoppola
sarebbe un colpo dato con la mano su quella parte della testa. A parte il fatto che il vocabolo ha anche un
significato più generico di ‘sberla, schiaffo’, che però secondo i linguisti
sarebbe un’estensione del primo (bisognerebbe però provarlo perché potrebbe
anche essersi verificato il contrario, con il passaggio da un significato
generico ad uno specializzat o a causa di un incrocio col termine coppa suddetto), l’etimo proposto ha il
grave difetto di non indicare la cosa essenziale, cioè il colpo dato con la
mano, limitandosi ad indicare la parte della testa verso cui esso è diretto.
Per me il termine scop(p)ola
va agganciato alle numerose radici germaniche, greche, ecc.
(scaf-, scap-,
scaff-,
scapp-,
scupp-,
scop-,
ecc.) di cui ho parlato nell’articolo precedente intitolato La spόsa, radici che hanno anche il valore di
‘spinta’, adatto ad esprimere la forza
di una sberla che si abbatte sul
volto o sul corpo di qualcuno, non solo sulla nuca. D’altro canto l’it. scopp-ola, nel gergo aeronatico, indica uno forte sbalzo subito dall’aereo,
per una raffica di vento o vuoto d’aria:
a mio avviso si tratta di una vera e propria spinta piuttosto che di un uso figurato del termine scoppola. La forma scop-ola, poi, con la labiale scempia potrebbe essere un fatto casuale e
insignificante, ma potrebbe anche avvertirci che la parola non è legata alla coppa=nuca.
Le
cose a mio avviso si chiariscono meglio riflettendo anche sul termine simile
(sia nella forma che nel significato) it. scapp-ell-otto. L’etimologia di
questo termine è piuttosto incerta: c’è chi pensa ad un colpetto dato sempre
sulla nuca, atto solo a far cadere il cappello
(ammesso che uno ce l’abbia!), e c’è chi lo accosta sempre alla nuca di cui sopra. Insomma, siamo sempre
alle solite. Si pensa ad altro, invece che all’elemento essenziale costituito
dal colpo e non dalle cose marginali
connesse.
Lo
stesso it. scap-acci-one conferma
quanto sopra (con il doppio accrescitivo) ma la linguistica ufficiale parla di
derivazione da it. capo col prefisso
intensivo della –s-, incapace di
staccarsi dalle apparenze.
A
questo punto anche l’it. schiaffo può essere considerato della partita. La
posizione ufficiale è che si tratti di voce onomatopeica (quando i
ricercatori sono in difficoltà ricorrono
spesso all’onomatopea cui non credo, come spiegai molti anni fa in un articolo
del mio blog). I linguisti forse non
sanno che esiste l’abruzz. šcaffë ‘schiaffo, ceffone’[1]
oppure non riescono ad inquadrarlo nella serie di voci espresse da questa
radice scaff- e varianti.
Esiste in dialetto anche šchiaffë ‘schiaffo’ che ha pure un
altro significato molto rivelatore, a mio avviso, quello di ‘eruzione erpetica
nel viso e nel collo’: una eruzione,
come dice la sua radice, è una fuoruscita violenta, uno sfogo, un erompere e potrebbe
essere persino uno sbocciare, come
abbiamo visto, nell’articolo precedente La
sposa per la radice di scuppà ‘scoppiare, sbocciare,
schiudersi’, variante di questa. Ed esiste anche šcàf-ënë dallo stesso significato, cioè ‘eruzione erpetica per lo più
nel viso e nel collo’.
Non è
questione di fonosimbolismo ma di “forza” interna alla radice che
prorompe con violenza; si incontrano (sempre nell’abruzzese) anche i verbi šcuffà,
šcaffà
con i seguenti significati: urtare,
inciampare, scaraventare, rapire, strappare con forza tutti caratterizzati,
appunto, da una certa violenza o malgarbo, come nell’it. e dial, schiaffà ‘mettere con malagrazia in un posto, gettare da qualche
parte, magari in carcere, ecc.’. La
semivocale di schjaffà si ritrova anche nel dialettale šchjuffà ‘sbattere’ (lo
ricordo usare da mia madre, come fosse adesso) al posto di šcuffà, citato
poco fa. Queste forme non derivano da presunti onomatopeici *sklaff-,
*skluff-
con palatalizzazione della liquida –l- ma sono normali svolgimenti come
l’it. schiera< franco skara, ted. Schar ‘schiera,
drappello, branco’, attraverso il provenzale, o come l’it. schiuma < franco skūm
, ted. Schaum ‘schiuma’. Sono
della serie anche il verbo regionale (settentrionale) scapp-ucci-are ‘inciampare, mettere il piede in fallo; commettere un
errore’, il quale combacia con il sostantivo marsicano-abruzzese scap-όccë ‘errore piuttosto grave’. L’etimo del verbo è incerto, ma a
mio parere è molto indicativo e rivelatore l’atteggiamento piuttosto
superficiale di chi lo fa derivare da cappuccio,
supponendo magari che l’inciampo
provochi la caduta del cappello=cappuccio sulle spalle o per terra, se non la caduta
della persona. Simili credenze hanno addirittura mutato il significato
originario di ‘inciampo, urto’ in quello di ‘caduta con la testa all’ingiù’
della voce abruzz. scap-òccë[2] (che
ha anche quello normale di ‘errore rovinoso’): in questo significato si è
inserita quasi indebitamente l’idea di “caduta” e totalmente indebitamente quella
di “capo, testa”, perché si è creduto, per quest’ultima, che scap-òccë
si dovesse interpretare come termine composto da una s- sottrattiva + capo. Quanti brutti incroci
e incontri si possono fare! Anche il toscano scap-are ‘tagliare la testa al pesce prima di salarlo’ dovrebbe
richiamare il gotico skab-an ’radere, tagliare’ piuttosto che l’it. capo, come l’it. scap-ato che significa ‘che ha poco senno’ dovrebbe accodarsi al citato
vocabolo marsicano scap-όccë ’errore
grave’ piuttosto che gingillarsi col solito capo.
In
ultimo anche per l’it. scapp-are non si può accettare l’orrida etimologia che lo fa derivare da
un presunto *ex-capp-are, che sarebbe un ‘togliersi la cappa’ o ‘uscir fuori
della cappa’ per mettersi a correre, con buona pace di chi corre anche senza
avere prima una cappa. In effetti lo scapp-are si verifica, etimologicamente, per
lo stesso motivo per cui il lituano skub-ti significa ‘affrettarsi’ e il lituano skubin-ti significa ‘accelerare, precipitarsi’.
La radice di questi verbi è la stessa, ad esempio, di ingl shove ‘spingere’ < ant.ingl.
scuf-an ‘spingere’ la cui radice scuf- è variante di tutte le altre compresa
quella di scapp-are, testè
analizzata. A conferma di quanto sopra
ecco arrivare l’abruzz. scàp-ëlë ‘corsa’[3],
il quale, secondo il metodo dei linguisti, sarebbe senz’altro un ugualmente orribile
derivato dal lat. capul-u(m) ‘cappio’
con –s- sottrattiva! E già! come lo scappare sarebbe un togliersi di dosso
una cappa così l’abruzz. scàp-ëlë ’corsa’ sarebbe un liberarsi di un
fastidiosissimo cappio ai piedi o al
collo! Orrore! Naturalmente si può dare il caso che una
persona o un animale si liberi di un effettivo cappio dal collo o dai piedi
come nel verbo aiellese scapul-àsse : in questo caso che è successo? è successo che il significato
generico ‘liberarsi’ del verbo si è incrociato effettivamente col lat. cap-ul-u(m)
‘cappio’ ed ha assunto il significato specifico di ‘liberarsi del cappio’. Non si scappa!
Nemmeno l’it. scap-olo, dialett. scap-ulë ’scapolo, non sposato’ può essere inteso come ‘libero dal
cappio’ ma semplicemente come libero,
staccato, esente da qualche restrizione! L’abruzz. scap-ëlë (sempre nel Bielli) significa infatti ‘senza soma’ se riferito
a bestie, e ‘senza carico sulle spalle’ se riferito a persone. Ce lo conferma ancora, in qualche modo, il
lat. medievale scap-ul-u(m)
‘marinaio che ha finito il periodo dell’arruolamento’; l’it. gergale scap-ola ‘assenza non autorizzata da scuola,
libertà da una costrizione’: anche qui però qualcuno ostinato potrebbe vedere
l’ombra di un cappio da cui ci si
libererebbe, anche se essa dovrebbe svanire nel nulla dinanzi al verbo
marinaresco scap-ol-are ‘passare
con una imbarcazione vicino ad un punto costiero o ad altra imbarcazione
lasciandoli di poppa’ o ‘superare o evitare un ostacolo’ o ‘superare situazioni
difficili, pericolose’[4],
ecc. ecc. La nave che supera un’isola è come se si liberasse di essa, si spingesse oltre (tornando ad un
significato fondamentale della radice scap- la quale, aumentando la
velocità, serve anche ad indicare la corsa,
lo scapp-are,
come abbiamo visto sopra) e quindi un aggettivo-sostantivo come scap-olo non può indicare altro che uno che
si libera o si è liberato di qualche
cosa, di qualche restrizione o incombenza, uno che ha evitato o schivato qualcosa
non uno che ha rotto o si è tolto il
cappio che lo teneva legato. Altrimenti dovremmo pensare, anche per la
nave che supera uno scoglio, ad un metaforico ed astruso cappio che la legava allo scoglio! Nel dialetto lucano di
Gallicchio-Pt il verbo scap-ulà significa ‘cessare dal lavoro’ come
dire ‘liberarsi del lavoro’, e il verbo pronominale scapp-uttà[5] significa
quasi allo stesso modo ‘evitare all’ultimo momento una fatica, un impegno’. Le espressioni passare a scap-accioni,
essere promosso a scap-accioni, a scapp-ellotti usate per indicare
chi, pur non avendo una preparazione adeguata, passa gli esami perché
raccomandato e quindi va avanti a
spintarelle, come pure si dice, confermano che il riferimento all’inizio
era fatto, appunto, al significato di spinta non a quello di schiaffo.
Anche l’it. volgare scop-are ‘avere rapporti sessuali’ non può derivare dall’azione di scopare, nel senso di ‘spazzare, pulire’
ma da un significato preistorico di ‘spingere, penetrare, ficcare’, riguardante
precipuamente il maschio. Del resto
esiste anche il volgare it. colpetto per un rapporto sessuale
veloce e occasionale.
Il
gioco della scopa credo tragga il nome dal punto che un giocatore guadagna allorché con una sua carta riesce ad eliminare tutte
quelle che sono sul tavolo la cui somma corrisponda al valore della sua carta, punto che viene
contrassegnato da quella carta stessa, messa di traverso nel mazzetto delle sue
carte che accumula durante il gioco. Questo
punto, unito ad eventuali altri,
costituisce un vero e proprio colpo di
fortuna improvviso che può avvantaggiare di molto un giocatore, al di là
dei soliti altri punti (in tutto quattro) che può accumulare, con un certo
sudore, alla fine del gioco. Il punto ottenuto con la scopa può essere paragonato, quindi, allo scoop ‘colpo’
giornalistico fatto da qualche operatore della carta stampata. In ingl. scoop nei suoi significati come ‘secchio’ ed altri
viene collegato etimologicamente all’ingl. shove ‘spinta’ di cui abbiamo già
parlato: pertanto non troverei difficoltà a dargli, in questo caso, proprio il
significato di ‘colpo (fortunato)’.
Quanto è sfiziosa la lingua!
[1] Cfr. D.
Bielli, Vocabolario abruzzese, A.
Polla editore, Cerchio-Aq, 2004.
[2] Cfr. D.
Bielli, cit.
[3] Cfr. D.
Bielli, cit.
[4] Le
definizioni sono tratte dal dizionario del De Mauro.
[5] Cfr. sito web: http://www.dizionariogallic.altervista.org/lettera%20s/s7.htm
In Umbria la scoppola o scoppolatura è il distacco della vernice dal sub strato. La ruggine crea scoppole sul metallo, l'umidità le crea sugli intonaci
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