A proposito di vesper da intendere come ‘uccello’
nell’espressione ingl. vesper sparrow comunemente spiegata come ‘passero del vespro’ ma che in
realtà è una tautologia col significato originario di ‘animale’, è bene che
faccia altre precisazioni per cercare di convincere anche i più increduli.
Anche l’inglese popol. sparrow-grass ‘asparago’ è frutto di una
rietimologizzazione, da parte del popolo, del lat. asparag-u(m) ‘asparago’. Sarebbe stato facile
quindi passare da un probabile *vesper
‘uccello’ ad ingl. sparrow ‘passero’. Nell’ambito di simili reinterpretazioni si
situa bellamente il caso di sparv-íngulë ‘pipistrello’ nel dialetto di Cerchio-Aq e di
spara-píngulë ‘pipistrello’ nel dialetto di
San Benedetto dei Marsi-Aq e altrove, dei quali ho parlato in un articolo del
mio blog già molti anni fa. Ora la forma cerchiese sparv-íngule a me pare di chiara derivazione dalla stessa radice di
ingl. sparrow ‘passero’, danese spurv ‘passero’, ted. Sper-ling ‘passero’, franco sparv-ari ‘sparviero’.
Quest’ultimo
viene interpretato come composto da sparv- ‘passero’ e dall’elemento –ari ‘aquila, falcone’ (cfr. ted. poetico
Aar ’aquila’) connesso al gr. όrnis, ith-os ‘uccello’, e al verbo gr. όr-ny-nai muoversi, cominciare, sorgere,
alzarsi, ecc.’, lat. or-iri ‘sorgere, cominciare’. Si incontrano nomi regionali come ar-èna ‘tordela’, ari-otto ‘garzetta’, ari-one ‘airone’, il quale potrebbe essere semplice metafora di airone , ma sicuramente favorita dalla
radice ar. L’origine ultima della radice, dunque, ha il significato di
‘movimento’ come del resto tutte le altre radici. Mi sembra assodato che il franco sparv-ari che indica lo sparviere, arcaicamente
sparav-iere, non poteva significare ‘aquila dei passeri’ cioè ‘aquila che
caccia i passeri’ dato il significato del dialettale cerchiese sparv-ingulë ‘pipistrello’ ad esso formalmente
collegato nel primo membro sparv-, ma doveva indicare
tautologicamente in ambo le radici lo
‘sparviero’, come poteva indicare qualsiasi altro uccello. La voce di Cerchio
all’inizio mi pare che fosse spar-vì-culë prima dell’inserimento di una –n- dopo –vì-. L’ultimo
membro –culë dovrebbe essere un falso
diminutivo equivalente a quello di lat. avi-cul-a(m) ‘uccellino’ da av-e(m) ‘uccello’.
Lo spara-pìngulë ‘pipistrello’ di san Benedetto
dei Marsi-Aq è una curiosa rietimologizzazione del cerchiese sparv-ingulë, come se il volatile notturno si
divertisse a ‘sparare in aria cocci o tegole (dialett. pìngulë)’. La tendenza alla
reinterpretazione non ha limiti di sorta, tanto che in qualche paese abruzzese,
nelle Puglie e nel Molise si ha anche sopra-pìnghë (con varianti) ‘pipistrello’,
probabilmente scaturito da un precedente *spra-pìngulë (pronuncia affrettata di spara- pingulë) il cui primo elemento si è
prestato ad diventare sopra-. A meno che non si tratti di
altra, sempre possibile, radice. Per colmo di ironia si incontra in Abruzzo
anche la voce sottë-pìnghë
‘pipistrello’, una probabilissima correzione del precedente sopra-pìnghë ‘pipistrello’, dato che
l’animaletto si ripara semmai sotto le tegole, non sopra.
C’è
un’altra interessantissima osservazione da fare a proposito dello spar-vìngulë ‘pipistrello’ di Cerchio-Aq. E’ vero, come abbiamo detto, che esso aveva
il significato generico di ‘volatile, uccello’ ma è anche vero che si sarà incrociato
con un precedente *ves-par, *ves-per nel significato già specializzato
di ‘pipistrello’ come nel lat. vesper-tillo ‘pipistrello’, assumendone il significato
specializzato. Nei nostri dialetti,
compreso quello di Cerchio, infatti, un originario *vesparv-ìngulë si sarebbe facilmente
trasformato in u sparv-ìngulë con la deglutinazione dell’articolo maschile singolare u <
lu
dalle prime lettere -ve- della parola. Complicazione stupenda della storia di un
termine!
Nel
dialetto di Roio-Aq i passeri vengono
chiamati sbirrù con termine della stessa struttura della radice di ingl.
sparrow
‘passero’ e di quella del regionale sbira, sbiro, sbirro ‘rondone’.
Molte interpretazioni degli addetti ai lavori, oltre a mancare di
adeguata retrospettiva storica, violano il grande principio saussuriano,
secondo cui è vano (io aggiungerei ascientifico)
credere che le cose abbiano ricevuto il proprio nome singolarmente, una per una,
e per ragioni in fondo marginali rispetto alla loro natura.
Più di quello che ho detto non potrei fare, di conseguenza se gli
addetti ai lavori continuano a nicchiare dinanzi alle mie soluzioni non saprei
davvero come farli ravvedere, e allora non mi resterebbe altro che rinunciare
alla mia annosa ricerca, se ci riesco. Sono, non dico stanco, ma fortemente deluso.
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