lunedì 29 giugno 2009
La festa di San Giovanni Battista di Castellafiume e le sue origini precristiane
Come per altre manifestazioni religiose marsicane di cui mi sono occupato negli anni passati, così anche per la cerimonia liturgica di Castellafiume-Aq. relativa a san Giovanni Battista mi pare che si possa sostenere con quasi assoluta certezza che essa risale ad epoche precristiane, andandosi a perdere pertanto nella remota preistoria di quella comunità. Effettivamente mi vado convincendo sempre più che la maggior parte delle feste e cerimonie cristiane non sono altro che la continuazione di precedenti festività pagane reinterpretate e riciclate , per così dire, secondo i principi e le esigenze della nuova religione, cosa del resto ben nota agli studiosi. La nuova religione, in effetti, non poteva assolutamente fare un impietoso e pericoloso repulisti di tutte le pratiche religiose popolari precedenti all’avvento del Cristianesimo per, starei per dire, brutalmente imporre tutto ex novo. Ci sono state molte e utili contaminazioni tra il vecchio e il nuovo: sta a noi studiosi e al nostro bisogno di verità cercare di dirimere di volta in volta le due componenti. Per mettere a proprio agio il lettore riporto il brano in cui Dante Di Nicola, autore del bel libro Storia di Castellafiume, descrive, attento ai particolari che spesso sono rivelatori, la sopraccitata cerimonia: “ Un’altra cerimonia liturgica era quella praticata fino agli anni Cinquanta del XX secolo con qualche sporadica reminiscenza negli anni successivi, in onore di S. Giovanni Battista: nella mattina del 24 giugno, quando i raggi del sole ancora non lambivano le acque del fiume Liri, gli abitanti di Castellafiume si immergevano nelle acque gelide del fiume a ricordo di S. Giovanni immerso nelle acque del Giordano e intento a compiere il rito della purificazione profetizzato da Isaia. Dopo questo rito, tutti riempivano i secchi o le conche di rame di acqua e di vitali (è questo il nome dialettale della vitalba o dematis vitalba). Con quell’acqua tutti si dovevano lavare devotamente, perché benedetta al passaggio invisibile di S. Giovanni sui cavalloni del Liri, poi, con le foglie dei vitali le donne si inghirlandavano le chiome e gli uomini i padiglioni degli orecchi; qualcuno, poi, per devozione beveva anche qualche sorso di quell’acqua (per fortuna in quell’epoca le acque del Liri non erano inquinate, specialmente al mattino prima dello spuntar del sole) prestando fede alla virtù taumaturgica di essa in quella giornata in conseguenza del passaggio di S.Giovanni: quella di S. Giovanni era una giornata di festa e di folklore per i predetti riti praticati con fede e con devozione, per questo viavai di donne dalle case al fiume con le conche di rame, per il modo di ornarsi con le vitalbe e per il trasmettersi, oralmente, di leggende e di miracoli per intervento di S. Giovanni, soprattutto perché questo Santo è anche, da data immemorabile, protettore di Castellafiume”. Ora, tutta questa cerimonia sembra svolgersi perfettamente entro i limiti di una liturgia completamente cristiana, motivo per cui sarebbe sommamente difficile convincere qualcuno che si tratta invece di pratica religiosa risalente al lunghissimo periodo di tempo precedente al Cristianesimo, in cui si svilupparono e prosperarono le varie religioni che usiamo riunire sotto il nome di Paganesimo. Ma, a ben riflettere, c’è qualcosa nel racconto di Di Nicola che resta al di fuori di una spiegazione interamente cristiana del rito. Sono i vitali, nome che si ripete tale e quale anche nel mio dialetto di Aielli, i quali vengono, tra l’altro, immessi nell’interno dei secchi o delle conche insieme all’acqua. Quello che sembrerebbe un uso di nessun valore o significato è invece, a mio avviso, degno della più attenta considerazione perché è proprio da esso che può scaturire una scintilla che illumini e spieghi tutta la cerimonia. Lo stesso meccanismo si può riscontrare in una cerimonia sarda, ancora in uso non molti decenni fa, in molti paesi sardi nei periodi di siccità, di cui parlo nel post La Fonte della Vita e La Fonte Vipera nel Parco Nazionale dei Sibillini. . Ora, i vitali della festa di San Giovanni a Castellafiume stanno lì a chiederci con grande forza la loro giustificazione e motivazione. E, come nel caso del maimone sardo di Aidomaggiore (Oristano) che cito nel suddetto post, non saranno certamente eventuali e più o meno generiche teorizzazioni di carattere socioculturale a risolvere il problema, ma semplici considerazioni di carattere idronimico o linguistico con la loro evidenza diretta e folgorante. Proprio lì metto in relazione il nome della Fonte della Vita sui monti Sibillini con il ted. Weide ‘salice’, proveniente da un anteriore wide, il quale a sua volta richiama l’antico alto germanico witu ‘bosco’, l’ingl. wood ‘bosco, legno’, ecc. I vitali di Castellafiume e di Aielli rientrano in questa categoria di “forme viventi” che colpivano l’immaginazione dell’uomo preistorico il quale usò lo stesso nome per indicarle, anche se, in un lasso di tempo presumibilmente breve, esse erano destinate a ripresentarsi, in questo o quel linguaggio, nella veste ormai specializzata di 'fonte, corso d’acqua' o 'albero, vegetazione, vitale ecc.' E non è detto che quest’ultimo termine sia una deformazione dialettale di it. vitalba, per la quale non condivido appieno l’etimo latino vitem albam ‘vite bianca’, ma non è il caso di parlarne qui. Molte sono le fonti di San Vito (Cerchio, Canistro, ecc.) che presentano la stessa radice al maschile, per così dire: si incontra anche qualche Fonte Vit-ale che conferma la mia convinzione che i vitali della cerimonia di Castellafiume si riferissero, in epoche lontane della preistoria, all’acqua stessa o al fiume Liri. Non si può supporre che questo scambio di significati sia potuto avvenire nel relativamente breve periodo di tempo successivo all’avvento del Cristianesimo, quando questi giochi di sovrapposizione erano ormai perlopiù conclusi, considerato il lunghissimo periodo precedente a disposizione. Per il nome Giovanni (che avevo dimenticato) da intendere come idronimo, rimando all'articolo I Santi Martiri di Celano e la Madonna della Vittoria di Aielli del giugno 2009 presente nel blog. Di Nicola ci informa anche che san Giovanni è protettore di Castellafiume “da data immemorabile”, intendendo comunque fissare questa data in epoca successiva alla diffusione nella zona del Cristianesimo. Io credo in verità che la protezione su Castellafiume fosse stata assicurata, dalla divinità fluviale precedente a san Giovanni, già molti millenni prima, come è comprensibile del resto per un paese sorto, chissà quando, sulla riva sinistra del fiume Liri.
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