martedì 30 giugno 2009

Origine degli agionimi relativi ai centri abitati e ai luoghi di culto cristiani

Solitamente, quando si è dinanzi al problema di spiegare l’origine del nome di un paese costituito da un agionimo, si pensa alla particolare devozione che gli abitanti dovettero avere per quel determitato santo ai primordi del Cristianesimo o nel Medioevo, e all’erezione in suo onore di qualche cappella o chiesa il cui nome sarebbe poi passato all’abitato. Io penso che nella maggior parte dei casi, invece, l’abitato preesistesse, fosse pure uno sparuto gruppo di famiglie e capanne, o che almeno ne preesistesse il toponimo, soprattutto se si trattava di fonti, corsi d’acqua, colli.
I paesi in genere non nascono perché qualcuno, re, condottiero, ecc. decide di fondarne uno con un nome da lui imposto, o perché così decide un gruppo di uomini riuniti a parlamento, bensì per processo naturale di agglomerazione di persone, famiglie, attorno ad una fonte, un ponte, su un colle (possibilmente con sorgenti) ecc., tutte realtà geografiche che avevano già da tempo, forse immemorabile già allora, il loro bel nome. Ora, si dava spesso il caso che questo antichissimo nome, designante la realtà geografica interessata, andava a combaciare, con l’avvento del Cristianesimo, con quello di un santo più o meno noto, o più o meno realmente esistito, e il gioco era fatto. Così si spiegano anche quei nomi strani di santi come quello del paese sardo di Santu Lussurgiu o quello del protettore di Loreto Aprutino (Pescara), san Zopito.
Emblematico a tal proposito è il nome del paese di Santa Anatolia-Ri, di cui tratto nell’articolo dedicato alla madonna della Vittoria di Scurcola Marsicana, il cui nome antico, scaturito dalle abbondanti sorgenti del luogo, chiaramente doveva corrispondere al greco anatolé ‘sorgente’. Ma interessantissima è la vicenda dei nomi dei paesi umbri Foligno, sul fiume Topino, e Ponte Felcino, sul fiume Tevere, e dei rispettivi nomi dei santi patroni san Feliciano e san Felicissimo. La voce “Foligno” si spiega alla perfezione se la si intende derivata da una forma latina *Fuliginium con vocale anaptittica /i/ inserita nel gruppo /-lg-/ della corispettiva forma attestata Fulginium. La gutturale sonora intervocalica è caduta anche nei nostri dialetti arcaici: Aielli, dal lat. Agellum, ha dato in dialetto Aéjje. Anche la ‘fuliggine”, dal lat. fuliginem, si ritrova in aiellese nella forma fijjìna, con palatalizzazione della liquida e il dileguo totale della gutturale sonora. Si dà il caso che una divinità Fulginia fosse già in antico protettrice della città, come risulta da un’epigrafe del C.I.L. Arrivato il Cristianesimo, la suddetta divinità non ha visto l’ora di trasformarsi, secondo me, nel più credibile Feliciano , aiutato anche dalle pronunce locali che in genere fanno oscurare i timbri delle vocali precedenti la sillaba tonica, per cui un eventuale opaco *Fuliciáno si sarebbe inevitabilmente trasformato nel trasparente Feliciano.
Il caso di Ponte Felcino, a 7 km da Perugia, serve da conferma a quanto finora detto. Il santo protettore del paese è Felicissimo, nome che ripete, nella forma superlativa, la stessa base del toponimo: anche qui probabilmente esisteva un culto precristiano che assunse poi le vesti cristiane. Ora, a giochi fatti, addirittura si innesca un processo inverso a quello che ha dato origine al nome del Santo, tanto che il nome del paese Ponte Felcino è fatto da taluni derivare, per deformazione volgare, da quello del Santo e non viceversa: certamente costoro non sanno che è attestato in epoca antica a Perugia un etnico felcinate da riferire forse proprio a questa località vicina alla città, anche se oscura in passato, e non alla nota Fulginium[1]. I meccanismi mentali che producono queste metamorfosi operano tuttora in piena era tecnologica. Infatti se si cerca in Internet Ponte Felicino, si incontra, tra l’altro, un discreto numero di commercials che reclamizzano merci e marchi di negozi presenti anche a Ponte Felcino, nome che, alle orecchie dei compilatori dei rispettivi siti e quindi nella scrittura, si trasforma costantemente ed automaticamente in quello di Ponte Felicino che non esiste, come non sono mai esistiti, almeno come diretti responsabili del nome attuale dei rispettivi paesi, né san Felicianosan Felicissimo.
A questo punto sorge spontanea la curiosità di appurare il significato originario della radice felik in questi casi. Per me, come in tanti altri toponimi, l’etimo qui ci è fornito gratuitamente dalla parola “Ponte” che precede “Felcino”. Mi limito a citare, tra i tanti toponimi simili, la chiesa medievale Sancti Felicis in vado Albonis ricadente nel territorio di Ortona dei Marsi in un posto dove, secondo il nome (cfr. lat.vadum ‘guado, passaggio’), doveva esistere un valico. Anche il passo di Velika Vrata (Grande Porta) nell’ex Jugoslavia ripete,secondo me, nei due nomi (di cui uno assomiglia a Felice), l’identico concetto di ‘passo’. La tradizione orale sembra confermare la cosa. San Feliciano infatti sarebbe stato sepolto a Foligno presso il ponte di Cesare sul fiume Topino, dove ora si trova la cattedrale a lui dedicata. Meraviglie della fede che opera questi miracoli permettendo la ininterrotta continuità di un culto nello stesso luogo: attraverso i millenni esso non si è spostato di un centimetro! Ugualmente san Felicissimo sarebbe stato sepolto presso il fiume Tevere dove esisteva una chiesa fino a non ricordo quale epoca. Ma a noi interessa, più che la conferma del significato di ‘ponte’, la continuità tra passato e presente attestata con alto grado di probabilità dalla stretta somiglianza tra i nomi di partenza delle due località *Felcinum e Fulginium e quelli di arrivo Felicissimo e Feliciano.

[1] Aa.Vv. Popoli e Civiltà dell’Italia Antica, vol.VI, Biblioteca di Storia Patria, Roma 1978, p.118, par. 32.

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