martedì 23 giugno 2009

L'acquavite

Anche questo termine non mi pare possa essere accettato ad occhi chiusi per quello che esso sbandiera in superficie: acqua della vita (che, con la sua forza, dà la “vita”)! e il circolo si chiuderebbe così per l’eternità, senza possibilità di appello. Si afferma infatti, un po’ troppo leggermente, che siano stati gli alchimisti del Medioevo a inventare la parola la quale, a mio avviso, reclama invece a squarciagola una vita antichissima, anche se non registrata e documentata, insieme a tante altre parole tautologiche di tutte le lingue. Dalle sue origini preistoriche essa sarà partita come un sinonimo di 'acqua', se si tende l’orecchio al fresco gorgoglio della Fonte della Vita (Sibillini) o delle Sorgenti dell’ Acqua Vita (Collegiove-Ri), e a quello delle varie Fonti San Vito, sparse un po’ dappertutto insieme alle numerosissime Fonti Vive. Il fatto è che il termine vita non solo è stupendamente adeguato ad esprimere metaforicamente il concetto di 'acqua', l’elemento naturale datore di ristoro e vita, ma è anche servito, come risulta da queste evidenze idronimiche, ad esprimere direttamente quel concetto presso alcune comunità di parlanti della preistoria. Sicchè io penso che il grumo radicale vit- della parola sia solo una variante della radice wad/wed di molte parole dell’area indoeuropea come ingl. water ‘acqua’ e ingl. wet ‘umido,bagnato’, gotico wato 'acqua', greco (w)yd-or 'acqua', il che ci costringe tra l’altro anche a capire che il concetto di acqua dovette scaturire, nella mente dell’uomo onomaturgo, proprio da quello più generico di ‘vita, forza, anima’ e simili che sta sotto dietro ognuno dei suddetti termini. Era poi naturale che, quando l’uomo cominciò a inventare bevande più o meno alcoliche attraverso la fermentazione di semi, frutta ed altro e poi attraverso la distillazione (la quale, nota già agli Egizi e Babilonesi, fu dimenticata in epoca greco-romana), si servisse per questi prodotti di alcuni di quegli stessi termini che già indicavano l’acqua o altri liquidi (cfr. it. liquore) o che si prestavano ad indicare la ‘forza, l’essenza, l’aroma’ propria di questi prodotti, come l’it. spirito. Il russo vodka ‘acquavite’ significa oggi letteralmente ‘acquetta’, diminutivo di acqua (vodà: cfr. le diverse Fonti Botte in Italia), la quale evidentemente all’origine doveva contenere in sé il significato di ‘spirito, forza, vita’. Nel dialetto di Filiano (Basilicata) il termine acquavita indica l’ ‘urina’: l’unica possibilità che si sia arrivati a questo significato per il termine composto è quella che scaturisce da un significato originario di ‘acqua’ dello stesso, significato che anche oggi si usa, nel linguaggio quotidiano, come eufemismo per ‘urina’. Al massimo si può concedere che il composto è stato qui inteso come ‘acqua prodotta dal corpo (vita)’, ma solo perché esso idicava già nel suo complesso l’umile e prezioso liquido: non si può assolutamente pensare ad uno slittamento di significato a partire da quello di ‘liquore’.
AMAN IMAN ‘l’acqua (è) vita’ dicono i Tuareg del Sahara. A me sembra, anche in conseguenza di quanto sopra, che le due parole presentino una identica struttura ed ostentino una forte somiglianza sia formale che contenutistica. Esse dovevano pertanto indicare, in tempi lontani, lo stesso concetto di ‘forza, vita’, come il lat. amn-is ‘fiume, acqua’ E in effetti iman significa propriamente ‘anima, persona, individuo’. Secondo me, poi, non è un caso se, invertendo l’ordine delle probabili componenti delle parole in questione am-an e im-an, si ottengono due parole irlandesi an-am e an-im corrispondenti al lat. anim-us ‘animo’, lat. anim-a ‘respiro, anima’, concetto molto affine a quello di ‘vita’ e, quindi, a quello di ‘acqua’, come sembrano attestare alcuni idronimi del tipo Fonte dell’An-ima e il nome del fiume Ani-en-em ‘Aniene’, ad esempio, le cui due componenti richiamano il semitico ‘ain ‘fonte’, l’accadico enu ‘fonte’, il fenicio an ‘fonte’. Per la dinamica di queste radici è bene rivedere il mio commento dell’articolo di M.Pittau sul toponimo Roma (cfr. il post sul toponimo Roma). Ora, risulta che le parole berbere aman e iman sono attualmente due pluralia tantum: la prima sarebbe formata, come leggo in un sito internet, da quello che si configura come un prefisso a- e dal radicale mn portatore del significato di ‘acqua’ in tutti gli idiomi berberi; la seconda presenta una i- iniziale, propria dei plurali che presentano una a- al singolare (in questo caso un *aman non attestato), secondo la norma per cui il plurale di berbero adrar ‘monte’ è idrur, e il pl. di amazigh è imazighen ‘uomini liberi’, come essi preferiscono chiamarsi. Così stando le cose, a me pare possibile supporre che l’attuale plurale iman ‘anima’ si ritrova senza una forma singolare *aman perché questa deve essere passata a significare ‘acqua’ presentandosi inoltre come plurale nel sistema linguistico berbero, mentre il plurale iman ‘anima’ doveva essere stato, in realtà, solo una variante di quel singolare *aman ‘anima’, e deve essere stato sentito come plurale solo per analogia con gli altri plurali di cui sopra, dopo che questi si furono formati. Tutto il ragionamento può essere convalidato anche dalla straordinaria somiglianza delle parole in questione col nome singolare del sommo dio egizio Amon, Amun, Iman, originariamente divinità delle forze della natura (vento, aria) e della vita, il cui simbolo (ankh) veniva rappresentato nella sua mano destra. E non sarà ugualmente un caso se il suo nome si ritrova nella famosa oasi di Siwa, al confine fra Egitto e Libia, dove esisteva nell’antichità un tempio edificato in suo onore e dove tuttora, in un sentiero che conduce ai suoi resti, si trova la sorgente che in lingua araba è chiamata Ain el-Hammam, cioè Fonte del Bagno, evidente reinterpretazione dell’antico nome egizio-greco Ammone, il quale doveva costituire in antico il nome berbero della sorgente stessa, di cui Erodoto dice che fosse chiamata ‘sorgente del Sole’. E’ noto infatti che il dio Ammone coincideva anche col dio del Sole. E la lingua parlata in quest’oasi è ancora oggi un dialetto berbero.
Esistono comunque dei plurali berberi formati dai prefissi i-, ye- aggiunti al nome singolare (non risultanti, quindi, da una trasformazione di a- in i-, anche se probabilmente bisogna considerarli una evoluzione di questa forma di plurale). In questo caso i-man ‘anima’ dovrebbe essere inteso come composto dal prefisso i- e da una eventuale radice mn che combacerebbe pertanto con quella identica di a-man ‘acqua’ (se quest’ultima parola dovesse risultare effettivamente composta da prefisso a- più radicale mn, come si sostiene) anche per quanto riguarda il suo significato originario di ‘anima’, a mio avviso. E qui dovrebbero essere chiamate in causa anche le espressioni epiche greche costituite dal termine ménos ‘animo, forza, vita’ seguito da nome proprio, un modo di indicare le ‘anime’, cioè le ‘persone’, come attesterebbe anche l’inglese man ‘essere vivente’, poi ‘uomo’.

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